GIOCHI STELLARI - CONGRATULAZIONI STARFIGHTER! STAVOLTA NON È UN GIOCO



Giochi Stellari (The Last Starfighter) è un film difficile da mettere a fuoco, siccome si tratta di una storia, diciamo di confine, va. Nel senso, con le unghie dei piedi s'aggrappa a quella sottile linea di confine che separa l’assurdo dal ridicolo. 

Paga pegno a Tron della Disney e molte delle sue fantasiose sequenze spaziali, sono così pericolosamente simili a quelle di Guerre Stellari che se a George Lucas fosse girata storta avrebbe potuto pure fargli causa. Tuttavia, 'ste cose, in fondo, hanno un’importanza che va da zero a chi se ne frega. 

Perché Giochi Stellari è un film che va molto oltre la sua data di scadenza e...


“Congratulazioni Starfighter! Sei stato reclutato dalla Lega Stellare per difendere la frontiera contro Xur e l’armata di Ko-dan!”

Effettivamente, tutto parte da qui, da 'sta frase che a sentirla oggi pare 'na scemenza. Una scemenza per tutti, forse, ma non per Alex Rogan (Lance Guest) dato che, a differenza degli Explorers, del Navigator o di qualche povero Goonies a caso, non vive nella sua bella villetta di periferia medio-borghese.

Appunto: se Mikey, Chunk, Mouth, Data e tutto il resto della banda erano solo dei poveri Goonies che partivano all’avventura per far fronte a uno sfratto, Alex sta messo molto peggio. Perché, a differenza loro che almeno 'na casa ce l'hanno, Alex vive in un campo per roulotte.


Costretto lì, insieme alla madre vedova e al fratellino minore, Alex, come tutti, spera in un futuro migliore; un futuro che molto probabilmente non arriverà mai: è povero e non può permettersi quell’ascensore sociale chiamato college.

Tra i mille 'azzi e mazzi di cui deve occuparsi, di buono ha la fidanzata, Maggie (Catherine Mary Stewart). Solo che Maggie, a differenza sua, non pare tanto interessata a venir via da quel campo di baracche su ruote. 

Alla fine, Alex c'ha lei e i suoi Giochi Stellari. Unica valvola di sfogo, evasione se così vogliamo dire, dalla triste, grigia e patetica realtà che lo circonda. A ogni modo, la fortuna di Alex è quella di vivere nel 1984. Non quello di Orwell, ovviamente, bensì l’epoca d’oro dei cabinati arcade.


Un periodo in cui i videogames sono, in senso lato e figurato, sinonimo di tecnologia e dove, per estensione, tecnologia per tantissimi era sinonimo di “magia”. Al secolo, essere bravi in un videogames era già qualcosa, almeno.

Un attributo, se vogliamo metterla così, in grado di darti un certo prestigio sociale. Insomma, se spaccavi in sala giochi eri un gran figo; ed è così che Alex viene acclamato una sera in cui stava particolarmente scazzato. 

La sera in cui s'è visto rifiutare il prestito che avrebbe potuto aprirgli le porte del college, distrugge il record a Starfighter. In quel preciso, piccolo momento felice, lui è l’eroe della bidonville in cui vive, portato in alto come vincitore da vicini, fidanzata e amici.


Ora, il punto è che i videogiochi, all'epoca, sempre per quella cosa della tecnologia = magia, tendevano a essere idealizzati in maniera piuttosto fantasiosa. In altre parole, parevano 'na roba che veniva da un altro mondo. 

Ecco, in questo senso diciamo che Giochi Stellari diede uno spunto piuttosto interessante, suggerendo proprio che venissero dallo spazio. Da un altro mondo, appunto.

Così, Congratulazioni Starfighter! Sei stato reclutato dalla Lega Stellare per difendere la frontiera contro Xur e l’armata di Ko-dan!, non è più 'na frase buttata lì, così, da uno sviluppatore svogliato. Subito dopo che Alex ha battuto il record, gli si presenta di fronte Centauri (Robert Preston).


E Centauri, poi, spiega ad Alex la verità; quella verità che milioni di ragazzini sognavano, sognano - e molto probabilmente sogneranno - da oltre trent’anni a questa parte: Starfighter non è un gioco, ma lo strumento di reclutamento della Lega Stellare, alla ricerca di piloti-combattenti.

Perciò, più o meno inconsapevolmente, Alex si trova a vestire i panni dell’eroe, stavolta per davvero e non più nel retrobottega del bar. Scopre che il gioco è stato progettato come test per trovare quelli come lui, quelli “con il dono”, in grado di pilotare la nave spaziale Gunstar e salvare così la Frontiera.

Quindi, so' passati quasi quarant'anni ormai e la lecita domanda è: adesso, com’è Giochi Stellari?


In effetti, uno non può fare a meno di chiedersi se, all'epoca, il regista Nick Castle e lo sceneggiatore Jonathan Betuel, avessero mai immaginato 'na cosa del genere. Cioè, cosa, alla fine, The Last Starfighter sarebbe diventato. 

Perché, come nel caso de Il piccolo grande mago dei videogames, certi film trascendono il momento e l'obiettivo originale, diventando una sorta di manifesto di un’epoca passata. Tuttavia, quello avrebbe potuto chiamarsi pure Il piccolo grande mago delle marchette, la cosa non avrebbe fatto differenza. 

In fondo, altro non era che un gigantesco, lunghissimo spot pubblicitario di Nintendo. Eppure, Il piccolo grande mago dei videogames, o La storia infinita oppure uno Stand by Me a caso, per dire, proprio come Giochi Stellari è roba che colpisce duro e con precisione chirurgica dritto nella nostalgia.


Appunto per questo, c'è innanzitutto bisogno di fare 'sto distinguo, separando il valore dal valore sfalsato dell'amarcord; e a farlo, ti accorgi che Giochi Stellari è diverso. Molto diverso.

Oggi viviamo in un’epoca in cui la stragrande maggioranza degli effetti speciali nei film vengono realizzati in cgi. Dove l’espressione “pare un videogioco”, viene usata perlopiù in spregio. Nel caso di Giochi Stellari, invece, 'sta cosa potrebbe addirittura assumere l’aspetto di un complimento. 

Soprattutto se si tiene in considerazione quel piccolo dettaglio - una volta la norma - che la forma dovrebbe rafforzare e completare il contenuto di un film. Giochi Stellari è stato, dopo Tron, il primo film a fare a meno di modellini e miniature. 


Lo spazio, i pianeti, le navi stellari, la Frontiera… in pratica tutto è realizzato al computer. Naturalmente, inutile sottolineare l’ovvio, dicendo che oggi tutta 'sta roba pare, tanto per usare un simpatico eufemismo, primitiva. Perché il punto è un altro.

Magari, all’epoca, lo scopo principale di questo teatrino computerizzato era solo lasciare stupiti gli spettatori. Fargli dire: “Oh, guarda là che figata! Pare vero!”. Probabilmente, anzi, fai sicuramente sì. Quindi, in linea di massima nulla di diverso da quanto avviene oggi, giusto? No.

Ci sono due cose che differenziano Giochi Stellari da un qualsiasi Avengers 14 o il centesimo film di Batman a caso di oggi. In primis, il fatto che volutamente o meno, questi effetti interagiscono significativamente con l’essenza del film.


Quando Alex si trova a combattere sul serio, se ne esce con “È proprio come nel gioco!”. Questa cosa diventa letterale e quasi metanarrativa. Perché Alex sta vivendo il gioco nella sua realtà. Mentre noi spettatori vediamo una specie di testa di ponte tra la sua e la nostra realtà.

In pratica viene a crearsi una connessione. Dove tutto è impostato per sembrare un videogioco. Letteralmente e metaforicamente. In modo tale da spingere il pubblico a pensare, sognare, sperare che un intrattenimento di uso comune come i videogames, d’un tratto, possa rivelarsi qualcosa di più.

In secondo luogo, la storia in sé. Sotto questo punto di vista, ciò che rende fantastico Giochi Stellari non è il fatto che all’epoca fosse un film all’avanguardia o il fantasioso modo in cui si immaginava un’ipotetica civiltà spaziale. 


Oppure ancora, far leva sulla convinzione che l’intrattenimento del futuro sarebbero stati gli effetti in cgi e i videogiochi. Aperta e chiusa parentesi, quest’ultima pure vera come cosa. Tranne per il fatto che all’epoca del film, i videogames erano una moda e come tale destinata presto o tardi a tramontare.

Comunque. Il punto è che gli effetti invecchiano, le storie no. Film per cui oggi c'hanno speso duecento, ma fai pure trecento milioni, va, puntando tutto sull'entertainment duro e puro, puntando tutto unicamente sull'aspetto visivo tralasciando il resto, uno-due anni, al più, e sono vecchiume.

Giusto il tempo di un upgrade nel settore della cgi e dei vfx ed ecco che il film dell'anno prima non tiene più il confronto col film dell'anno dopo, finendo per sembrare 'na cosa molto più vecchia di quanto non sia in realtà.


Alla fine, si dice che ognuno di noi sia il protagonista della propria storia, giusto? Ecco, questo è ciò che colpisce maggiormente di Giochi Stellari: la storia dietro la storia, quello che intrinsecamente rappresenta. 

Ebbene, il film non fa altro che alimentare questo: il sogno di ogni ragazzino. Ovvero, il non essere più uno dei tanti, una goccia nel mare. Ritrovarsi eroe e partire a razzo, a bordo di una nave spaziale. Destinazione: avventura. Questa è una cosa che non invecchierà mai.


Ok, detto questo credo che anche per oggi sia tutto.

Stay tuned ma soprattutto Stay Retro.

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