Improbabile, ma forse non impossibile, possa esistere qualcuno che non sappia chi sia Dracula. Tutti lo conoscono; e a volte pare quasi che tutti lo abbiano interpretato: Bela Lugosi, Christopher Lee, Gary Oldman, Aldo Baglio… e tanti, tanti altri. Prima di tutti, però, c’è stato un uomo, Max Schreck. Universalmente riconosciuto come il primo vero "vampiro cinematografico" della storia, nonché, molto probabilmente il miglior “Non-Dracula” di sempre. No, perché c'è da specificare un fatto: ovvero che Nosferatu è fondamentalmente un "pezzotto".
Capiamoci un attimo, ok? Siamo nei primissimi anni '20 del XX° secolo. Un certo Gustav Albin Grau, artista, architetto ed esoterista tedesco a lungo studente delle arti occulte e membro della Fraternitas Saturni, fonda una piccola casa di produzione, la Prana-Film. L'intenzione era di produrre e girare vari film incentrati e/o inerenti al soprannaturale e all'occulto. Quindi, per la prima (e unica) produzione della Prana-Film, Grau, sulla base di una sua esperienza personale - un contadino gli aveva confessato che il padre era tornato come un vampiro non-morto - ebbe l'idea di girare un film di vampiri. Bene.
Un po’ di cazzi e mazzi dopo, a 'sto punto entra in scena, da un lato, Friedrich Wilhelm Murnau: all'epoca giovane regista di successo dallo spiccato talento, oggi considerato tra i massimi esponenti dell'Espressionismo e del Kammerspiel. Dall'altro, Henrik Galeen: attore, regista e sceneggiatore già famoso per Der Golem. Con Murnau alla regia e Galeen alla sceneggiatura, nel 1922 esce così Nosferatu, eine Symphonie des Grauens. Cioè, Nosferatu il vampiro. Benissimo.
Tutto molto bello, sì, se non fosse per quel piccolo dettaglio che Nosferatu è un pezzotto clamoroso di Dracula. A parte mettere il cash, Grau è stato pure scenografo e progettista di produzione del film. In linea di massima, a lui si devono il tono, l'atmosfera e in una certa misura pure l’aspetto emaciato, quasi da zombie se vogliamo, del suo vampiro “Conte Non-Dracula”, ma Conte Orlok. Il grandissimo errore di Grau fu imporre a Galeen di scrivere una sceneggiatura basata sul romanzo Dracula di Bram Stoker, nonostante non fosse in possesso dei diritti per l'adattamento.
Perciò, Murnau e Galeen dovettero poi ingegnarsi a cambiare i nomi dei personaggi, a dare un minimo di background a Orlok e aggiungendo l'idea (questa di Galeen) del vampiro portatore di epidemie e pestilenze. Sfortunatamente, la storia di Nosferatu era troppo simile a quella di Dracula, i punti di contatto fra le due erano troppi per passare inosservati. Infatti, la vedova di Stoker se ne accorse e trascinò Grau in tribunale facendogli un culo a capanna e mandando così la Prana-Film in bancarotta. Cosa che ha reso de facto Nosferatu l'unica sua produzione effettiva.
Ora, sì, bella la storico-pippetta; interessante, affascinante e tutto il resto appresso, ma non è buttata lì, tanto per. In realtà serve a sottolineare meglio un punto. Anzi, due. In primis, nonostante la sua pezzottissima natura, se Nosferatu è al giorno d'oggi oggetto di studio nei corsi di cinema, lo è per una serie di motivi che vanno dal suo approccio stilistico a quello narrativo, passando per quello simbolico. Utilizzando tecniche come il montaggio creativo o l'accelerazione del movimento, per dire, cioè cose che per l'epoca erano, manco avanguardia ma praticamente fantascienza, Murnau ha dato vita al primo esempio di ciò che ora intendiamo come narrazione visiva.
Nosferatu rappresenta adesso un momento fondativo del cinema, i cui archetipi visivi e narrativi hanno influenzato intere generazioni successive e ancora oggi, appunto, vengono utilizzati. Oltre ad aver gettato le basi per tutte le successive versioni del mostro creato da Bram Stoker. Intanto - e questo è il secondo punto - la domanda che a uno sorge inevitabilmente spontanea è: oggi, all'alba dell'Anno Domini 2025, un film come Nosferatu ce l'ha ancora un senso?
Perché qui, il grosso ma è dato dal fatto che Nosferatu, a prescindere della sua importanza, diciamo accademica, come esempio di quanto il cinema muto potesse essere potente dal punto di vista artistico e narrativo, rimane comunque un film vecchio più di cent'anni. Considerando che quello cinematografico è un linguaggio in continua evoluzione, in tutti questi anni che separano il Nosferatu di Murnau dall’attuale Nosferatu di Robert Eggers di cose ne sono cambiate parecchie.
Oggi come oggi, in un mondo in cui la quantità conta più della qualità, dove tutto dev’essere una trilogia, quadrilogia, mega-franchise prodotto in serie come in una catena di montaggio, in un mondo in cui società come Netflix impongono ai propri sceneggiatori di far in modo che i personaggi spieghino, letteralmente a parole, ciò che stanno facendo in modo che se uno è impegnato a fare altro (?!) e/o non sta prestando attenzione in quel momento non si perde per strada la trama (spesso e volentieri di suo già una roba tremendamente semplicistica).
Ecco, in un mondo del genere, c'è ancora spazio per film come Nosferatu?
La risposta è: ringraziando il cielo c’è ancora gente come Robert Eggers. Dopo The Witch, The Lighthouse e The Northman, Nosferatu è l'ulteriore dimostrazione che Eggers è un regista capace di mettere da parte la modernità per immergersi completamente nelle sue storie. Nei suoi film, non c’è spazio per metafore o allegorie: le streghe esistono davvero, le maledizioni e le profezie pure, e un vampiro non è solo una creatura che cambia forma e beve sangue, ma un’entità capace di piegare la realtà stessa con la forza del male assoluto.
Chiaramente, c’è da specificare che per quanto questa versione di Nosferatu sia un remake dell’originale Nosferatu di Muranu - a cui aderisce quasi in scala 1:1 - in realtà accorpa in sé diversi elementi. Il più evidente dei quali viene da Bram Stoker's Dracula di Coppola; a sua volta mutuato da Nosferatu, il principe della notte di Werner Herzog, a sua volta, molto probabilmente, mutuato da La Mummia. Cioè, la storia d'amore ossessiva tra Nosferatu, in questo caso il conte Orlok, e la giovane Ellen Hutter che il vampiro vede come la sua anima gemella.
Tuttavia, il punto di Eggers con questo film non è stato il solo limitarsi ad adattare un genere appartenente a un altro tempo come l’orrore gotico in modo estremamente intelligente, tale da renderlo funzionale al linguaggio cinematografico di questo secolo. Cosa che da sola, tra l’altro, già sarebbe più che abbastanza. Semmai è l'approccio nel rappresentare una versione genuinamente oscura e inquietante di quello che è diventato un orribile cliché di Hollywood: il vampiro.
Parliamoci chiaro, ormai i vampiri sono stati mostrati in ogni declinazione possibile e immaginabile: da tragiche figure romantiche che attraverso i secoli rimuginano sugli amori passati, alle interpretazioni più esagerate e ridicole in chiave action. In questo senso, il conte Orlok non è un antieroe tragicamente incompreso che attraversa un arco di redenzione guidato dall'amore. No, Orlok è un fottutissimo mostro. Un cadavere che ritorna dalla tomba grazie a chissà quali forze demoniache, il cui unico interesse è causare dolore, sofferenza e morte.
La sua ossessione per Ellen, appunto, non ha alcuno sfondo romantico: il suo obiettivo è possederla. Fisicamente, mentalmente e spiritualmente. Non c’è assolutamente niente di bello o una qualsiasi sfumatura positiva in questa relazione. La performance di Bill Skarsgard, al di là della riprogettazione visiva di Orlok, è semplicemente fantastica. Per quanto ricalchi l’originale di Schreck, qui, la “forma umana” dell'Orlok di Skarsgard è qualcosa di nuovo: un gigante dalla pelle grigia e la carne in putrefazione che sembra davvero un morto (o non-morto) che cammina.
Giusto per capirci un attimo meglio, l’impatto generale è molto simile a quello che nel ‘92 suscitò il Dracula interpretato da Gary Oldman, con quella grande parrucca bianca che nessuno avrebbe mai neanche immaginato di vedere su Dracula. Comunque. Altra cosa da dire è che Skarsgard ha tirato fuori una voce incredibile per il personaggio. Vallo a sapere adesso se sia alterata e/o modulata in qualche modo, ma rimane il fatto che quella non sembra la voce di un essere umano. Questo però è un dettaglio che si perde col doppiaggio. Per quanto buono (e lo è veramente) purtroppo non rende allo stesso modo.
In ogni caso, non è solo questione di Bill Skarsgard: l’intero cast offre interpretazioni eccezionali. In special modo è Lily-Rose Depp - sì, la figlia di Johnny Depp se a qualcuno fosse sfuggito ‘sto dettaglio – a brillare. Nel senso, era un attimo ad andare in overacting e mandare tutto all’aceto con manierismi eccessivamente esagerati trasformando Ellen in Ace Ventura che parla col culo. Invece la Depp, su cui effettivamente difficilmente qualcuno c’avrebbe puntato due spicci, ha dimostrato la capacità di gestire un ruolo centrale reso volutamente più complesso del necessario.
Adesso facciamo così e mettiamola in questo modo. Una volta, Philippe Daverio disse, testualmente:
"La gente di solito va nei musei, guarda 400 quadri in un'oretta e mezza, alla fine esce con dei piedi gonfi così e va alla ricerca di una Coca-cola tiepida per dimenticare l'esperimento. I luoghi dove stanno i quadri si chiamano pinacoteche. Come esistono i luoghi dove stanno i libri che si chiamano biblioteche. Nessuno va in una biblioteca e si mette a leggere di corsa tutti i libri. Cioè, uno va in biblioteca perché gli serve uno, due, magari pure sei libri; gli servono solo quelli che gli servono in quel momento lì, insomma".
"Allo stesso modo, uno che va in una pinacoteca, in un museo, dovrebbe andare a vedere uno, due quadri. Al massimo. [...] Quello che l'ha fatto il quadro, spesso ci ha messo due mesi così come anche due anni a farlo, cosa mi dà il diritto a me di guardarlo di sfuggita per 25 secondi? Adesso un quadro lo devi vedere un minuto al volo mentre stai correndo a guardare il prossimo. [...] Una bulimia inutile".
Ecco, 'sta cosa non suona tremendamente familiare? Dal punto di vista tecnico, Nosferatu è semplicemente eccezionale. La cinematografia, la colonna sonora e la regia sono curate con una precisione maniacale, rendendo ogni inquadratura un’opera d’arte gotica. A quanto pare, Eggers stava impallato a voler fare 'sto Nosferatu da una decina d'anni o giù di lì; e si vede. Nel senso che questa non è la solita paccottiglia aziendale fatta per seguire un'assurda agenda politica, per riempire un buco di distribuzione o cagata fuori a spruzzo giusto per non perdere i diritti sul materiale originale.
No, questo è un film che Eggers ha realizzato perché lo voleva disperatamente, con una passione viscerale che traspare in ogni fotogramma. È proprio questo che rende il suo Nosferatu così speciale: è un’opera guidata dalla creatività e dall’amore per il cinema, non da logiche aziendali. Certo, si tratta pur sempre di cinema commerciale, con tutti i suoi difetti, questo sì; ma come diceva Daverio, appunto, cosa mi dà il diritto a me di guardarlo di sfuggita per 25 secondi, considerando l'enorme sforzo creativo che c'è dietro, e dire è brutto, è lento, è questo e quello?
Francamente, abbiamo bisogno di più film come questo: film realizzati per passione da persone creative e di talento come Robert Eggers. O Darren Aronofsky, oppure Nicolas Winding Refn, Denis Villeneuve e via dicendo. Allora sì che possiamo realmente confrontarci sull'opera e discutere di cosa ci è piaciuto e cosa no.
Ebbene, detto questo anche per oggi è tutto.
Stay Tuned ma soprattutto Stay Retro.
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