Una promessa è una promessa - Le vere gioie del Natale



Jingle All the Way - da noi diventato Una promessa è una promessa - è un film che sicuramente in tantissimi avranno visto, sì e no, almeno 'na mezza dozzina di volte. Come minimo. Quello dove Arnold Schwarzenegger esce scemo per trovare un pupazzetto che il figlio gli aveva chiesto per Natale, no? Ecco. Tra l'altro, considerando che si tratta di un film del 1996, facile pure che un'altra carrettata di gente, ragazzini all'epoca, se l'è visto al cinema. 

Dopotutto, stiamo parlando pur sempre del 1996: I gemelli, Atto di forza, Un poliziotto alle elementari, ma soprattutto Terminator 2, in pratica Arnoldone veniva da una serie di clamorosi successi al botteghino e il nome suo, metti, a quel punto bastava a portare un sacco di gente al cinema. MA. Com'è vero questo è vero pure che Una promessa è una promessa è stata l'ulteriore prova che Schwarzenegger aveva i tempi comici di un cane morto da sei anni. 

E visto che in questa pellicola è per giunta ostacolato da una sceneggiatura che naviga (paradossalmente) contro tutto ciò che spera di raccontare, viene fuori che a guardarlo oggi, quasi trent'anni dopo, Una promessa è una promessa è il perfetto film di Natale; proprio perché (involontariamente) tratta il Natale per quel che è: una festa dominata da consumismo e materialismo spietato mascherato da sentimentalismo che riduce i rapporti a meri scambi economici, sfruttando emozioni e relazioni umane per generare profitti.

Comunque. La trama di Una promessa è una promessa è abbastanza semplice e volendo, piuttosto coinvolgente, in un certo senso. Howard Langston (Schwarzenegger) è il classico workaholic che pure la vigilia la passa in ufficio e a cui viene in mente di aver un figlio solo alle feste comandate. D'altra parte, suo figlio Jamie (Jake Lloyd) invece è un ragazzino viziato e petulante a cui viene in mente di avere un padre solo quando si parla di regali. Scopa!


A ogni modo, siccome la forza dei legami appunto si misura in proporzione alla sublimazione del desiderio materialistico, Howard ha l'occasione per "redimersi" agli occhi del figlio grazie a Turbo Man: il giocattolo-mania del momento per cui tutti i bambini sono impazziti. Tuttavia, da bravo padre maniaco del lavoro che trascura la famiglia, naturalmente si scorda di prendere 'sto cazzo di pupazzetto e quindi, si lancia in una ricerca matta e disperatissima per comprare un Turbo Man, andato esaurito mesi prima e ormai letteralmente introvabile.

Ovviamente, però, Howard non è l'unico padre negligente che ha bisogno di un pezzo di plastica per ripristinare i "valori della famiglia": la sua "missione" lo mette, da un lato, in diretta competizione con Myron - interpretato da Sinbad, uno che al suo meglio era divertente quanto un attacco di colite spastica - un postino psicotico e parecchio disturbato che ha bisogno pure lui di Turbo Man per farsi amare da suo figlio. Perciò a un certo punto arriva addirittura a minacciare di far saltare tutti in aria con un pacco-bomba, giustamente. 


Dall'altro, in via indiretta, diciamo, col suo vicino di casa Ted - Phil Hartman, il doppiatore originale di Troy McClure e Lionel Hutz ne I Simpson, ucciso a revolverate dalla moglie giusto un paio d'anni dopo - un padre single che fa tutte "cose da femmine": tipo occuparsi di casa sua, cucinare, essere presente nella vita di suo figlio dandogli la giusta attenzione e più in generale, accettare le proprie responsabilità; quindi è lui il cattivo del film, naturalmente.

Ora, il punto è che nel momento in cui si fa un passo indietro per guardare tutto l'albero e non solo una foglia, cioè, se visto nella giusta prospettiva, ci vuole poco a rendersi conto che Una promessa è una promessa è un film spledidamente tremendo. Capiamoci un attimo: un film la cui storia riguarda un padre negligente che va disperatamente alla ricerca di un giocattolo introvabile la vigilia di Natale, aveva sicuramente il potenziale per ricordare che le vere gioie della vita non sono i beni materiali.


Oltretutto, metti pure che la regia di Brian Levant, su sceneggiatura di Randy Kornfield, dà vita a una commedia dal ritmo vivace e con alcune gag, bisogna dire, molto riuscite. Tipo quando Howard viene preso per il culo da commessi e clienti in un negozio di giocattoli per aver chiesto un Turbo Man, oppure, quando al centro commerciale viene scambiato per un molestatore e preso a borsettate. Ecco, era - e fondamentalmente è ancora - questa frenesia progressiva in crescendo con la disperazione di Howard a rendere Una promessa è una promessa accattivante.

Il problema è che tutto questo si limita giusto al primo atto. Dopodiché il film comincia a perdere sempre più colpi diventando una farsa sguaiata, miscuglio poco avvincente di scene slapstick e momenti di riflessione forzata. Per quanto potesse impegnarsi, guardare Arnold Schwarzenegger alle prese con la commedia è un po' come guardare una vacca che fa la verticale e muore: affascinante, se vogliamo, ma non necessariamente divertente. Infatti in molte sequenze, soprattutto nelle interazioni con Sinbad in cui non c'è alcuna chimica, Arnold sembra completamente fuori posto.


Comunque. Il punto sta nel fatto che l’intero concept di Una promessa è una promessa è permeato da una deliberata meschinità che fa allegramente a sputi e schiaffi con la morale che vorrebbe fare. Howard è un personaggio per niente empatico: un padre negligente che trascura e dimentica le promesse fatte al figlio - e pure alla moglie, s'è per questo - scatena risse, incidenti, piglia a cazzotti una renna e a un certo punto, arriva persino a intrufolarsi a casa di Ted, nel tentativo di rubare il Turbo Man che aveva preso al figlio.

Sì, nel finale riesce a "redimersi" volando con un jetpack indossando il costume di Turbo Man alla parata di Natale. Cosa che porta di rimando suo figlio Jamie a dimostrare una maturità che manca completamente a quelli che, in questo film, dovrebbero essere gli adulti, regalando quello stramaledetto pupazzetto a Myron. Pure dopo essere stato minacciato e quasi ucciso dal postino in un inseguimento potenzialmente fatale. Ecco, questo è il bello: quasi un'ora e mezza di cinismo e meschinità dopo, il falso finale di redenzione.


Perché Jamie che regala il pupazzetto a Myron, ché tanto suo padre è "il vero Turbo Man", è una scelta di sentimentalismo a buon mercato completamente fuori posto in un film che non riesce mai a bilanciare il messaggio morale che vorrebbe dare con il tono della commedia. Se ci pensi un attimo, Howard fa schifo in tutto al massimo livello possibile: manco il regalo di Natale alla moglie aveva preso, 'sto fagiano; e dopo essersene sbattuto alla grandissima per mesi, se alla fine si ritrova col costume di Turbo Man addosso e il finale da tutti felici e contenti è stato solo per una botta di culo. 

L'idea che un semplice pezzo di plastica possa ricucire, in qualche modo, i legami familiari è l'unica cosa che Una promessa è una promessa riesce a trasmettere. Infatti, come se non bastasse, all'epoca i pupazzetti di Turbo Man sono stati davvero messi in vendita nei negozi, dimostrando, ironicamente, che il film era pienamente parte del materialismo che su carta avrebbe voluto criticare. Intanto, non gliene si può fare una colpa. Nel senso che tutto questo non è appannaggio esclusivo di Una promessa è una promessa, ma schemi fissi tipici dei film di Natale made in USA.

Tolta giusto una manciata di titoli, da Fuga dal Natale a Conciati per le feste, dalle dolorose riunioni di famiglia ai sequel che nessuno voleva e nessuno aveva chiesto fino a troppi film con Vince Vaughn e Tim Allen, alla fine pioveranno sempre applausi per il vero eroe americano che anche stavolta ha salvato la giornata e il Natale.


Ebbene, detto questo anche per oggi è tutto.

Stay Tuned ma soprattutto Stay Retro.




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