PITCH BLACK - VIN DIESEL CONTRO GLI ALIENI



Pitch Black è la prova che David Twohy, effettivamente, c'aveva ragione: chi fa da sé, fa per tre. Nel senso, siamo nel 1992 ok? Fra le millemila già scartate fino a quel momento, la sua si trova a tanto così da essere la sceneggiatura definitiva di Alien 3.

Peccato che il regista, Vincent Ward, ennesimo fra i millemila avvicendatisi prima di David Fincher, mandò tutto all’aceto. Oh, così è la vita. Comunque. Passano gli anni e Twohy continua a scrivere: Il fuggitivo (The Fugitive), Soldato Jane (GI Jane), persino Waterworld.

Pitch Black è un salto (di successo) nel buio


Morale della favola, ce l’aveva piene a tre quarti di gente che nella migliore delle ipotesi, quando non gliele rimbalzavano direttamente, facevano solo cagnara con la roba scritta da lui. Quindi, più o meno nel 1998, David Twohy decide di farselo direttamente lui il film.

Zero ingerenze. Zero intromissioni. Nessuno che mettesse bocca su niente di niente. Addirittura, all’inizio i produttori erano disposti a mettergli 'na valanga di pecunia in mano, ché volevano e volevano fargli fare un film che andasse a due milioni di petroldollari al minuto.

Volevano un film pieno di esplosioni, effetti speciali e attoroni super-mega-wow. Tutte opzioni che Twohy ha rifiutato. Le incognite con cose del genere - ma soprattutto le clausole vincolanti - erano troppe; e poi, così, si sarebbe trovato con 'na roba in cui a lavorare erano solo le controfigure. 

In sostanza, queste erano tutte cose che facevano a cazzotti con le sue idee. Quindi, infiniti sforzi dopo, nel 2000 viene fuori Pitch Black. Un film abbastanza sorprendente, a modo suo.


Pitch Black inizia e subito mette in chiaro le cose con una bella ripresa, di Kubrickiana memoria, della nave spaziale Hunter-Gratzner che viaggia fra le stelle. A bordo, circa 'na quarantina di passeggeri in stato di crio-sospensione, tranne uno, in attesa di arrivare alla propria destinazione.

Ora, metti l'ipersonno, la nave con quel doppio nome che fa tanto Weyland-Yutani... L’eco di Alien, insomma, di quel suo Alien che non ha mai visto il buio della sala è forte. Si sente bene e va bene. Forse pure troppo, in realtà.

In ogni caso, a un certo punto uno sciame di micrometeoriti investe la Hunter-Gratzner. Il sistema di bordo rianima l’equipaggio, che prova a mettercela 'na grandissima pezza alla situazione. Peccato che a parte danneggiare lo scafo, i micrometeoriti hanno ucciso un bel po’ di passeggeri.

Non solo, pure il comandante è morto, nonché, ciliegina di grazia sulla torta, hanno mandato pure fuori rotta la nave. Il secondo pilota, Carolyn Fry (Radha Mitchell) assume il comando e prova l’unica cosa che resta da fare: un atterraggio d’emergenza sul pianeta sconosciuto dietro l'angolo.


Nello schianto, a parte Carolyn, giusto 'na decina di passeggeri riescono a salvarsi. Tra cui William J. Johns (Cole Hauser), via di mezzo tra un poliziotto e un cacciatore di taglie, ma soprattutto l’unico tizio che non si è fatto manco mezz’ora d’ipersonno: Richard B. Riddick (Vin Diesel).

Ora, Riddick è 'na specie d'incubo su due gambe: criminale incallitissimo, pluriomicida, evaso da ogni buco in cui l’hanno sbattuto. Furbo, intelligente e pericoloso, Riddick è dotato inoltre di una peculiarità singolare: i suoi occhi percepiscono la luminosità a partire dalla fascia dell’ultravioletto.

In altre parole, ci vede perfettamente al buio. Anche per questo Johns c'ha messo 'na vita e mezza per riuscire a prenderlo. Siccome grazie allo schianto adesso è libero e vista la “fama” che lo segue, il gruppetto di superstiti crede che la minaccia peggiore sia lui.

In realtà, Riddick è l’ultima delle loro preoccupazioni. Il pianeta su cui sono andati a schiantarsi è un deserto perennemente illuminato da un sistema ternario di soli. Cercando il modo di lasciare quella specie di landa desolata, il gruppo si imbatte nei resti di un accampamento.


L’accampamento si rivela una stazione di ricerca mobile messa in piedi da una spedizione geologica arrivata anni prima per studiare quel curioso pianeta. Ci trovano pure una navetta spaziale abbandonata per qualche motivo.

L’unica cosa che non va è che alla navetta manca giusto giusto qualche batteria per essere messa in moto. Quindi, basta fare un paio di volte avanti e indietro, prendere quelle rimanenti dai resti della Hunter-Gratzner, metterle in quest'altra et voilà!

Peccato che 'sta gente la sfiga ce l’ha nel dna. Nella stazione geologica scoprono che, nonostante i tre soli, il pianeta ogni ventidue anni va incontro a un’eclissi solare totale della durata di parecchi mesi. Grazie a ciò, l’aggressivissima specie aliena che vive nel sottosuolo può muoversi in superficie.

Il bello è che i superstiti della Hunter-Gratzner sono capitati sul pianeta proprio alla vigilia dell’eclissi, a cui mancano poche ore. Capito che a uccidere alcuni di loro non è stato Riddick ma 'ste bestiacce, decidono di fare fronte comune con lui nel disperato tentativo di recuperare le batterie.


Ecco, metti che Pitch Black è un film abbastanza sorprendente. In special modo per i riferimenti ai classici del genere: l’ambientazione planetary romance. Il rimando alle vecchie storie sword and planet alla Burroughs. Gli elementi da action movie anni ottanta con l’eroe rozzo e agricolo.

Tutte cose fantastiche da vedere, soprattutto, difficili da trovare in un film che riesca a farle coesistere. Anche se... non bisogna scordare il fatto che non è tutto oro ciò che luccica. Pitch Black è un bel film? Certo. Vuol dire che non ha difetti? Assolutamente no.

Il discorso è più o meno lo stesso di Dal tramonto all’alba: Pitch Black inizia nello spazio profondo, da qualche parte diventa 'na specie di western, con tanto di caccia all’uomo nel deserto, per finire poi come Alien. 

Il punto è che non si tratta solo di una questione di elementi sui generis che vanno a comporre la struttura. Il leit motiv di Pitch Black riguarda la sopravvivenza. Naturalmente, esistono dozzine di film simili, sia nella forma che nella sostanza. 

A partire, appunto, da Alien fino ad arrivare a cose come Spiriti nelle tenebre. La formula è una combinazione di temi presenti da sempre non solo nella fantascienza, ma anche nel thriller psicologico, horror e via dicendo. 


David Twohy la prende e la mette giù semplice semplice, facendo leva sulla cosa più basilare di tutte: l'ostilità della natura. Nel senso, i personaggi vengono calati in un contesto naturalmente ostile. Concetto, questo, che insieme alla sopravvivenza gode di una certa proprietà transitiva.

Che siano gli xenomorphi di Ridley Scott, lo squalo di Steven Spielberg o magari i terminator di James Cameron, il discorso non cambia. I personaggi hanno a che fare con creature, esseri, con cui è impossibile discutere. Il pericolo è parte stessa e integrante della "natura" in cui si trovano.

In questo senso, Pitch Black è un film molto solido, fatto con abilità, da gente che sa perfettamente cosa sta facendo. Solo che… è completamente privo dell’immaginazione che distingue un buon film da un grande film. In sostanza, si limita a esporre dei fatti.

In altre parole, uno vorrebbe pure andare oltre, sorvolare sulla la linearità della trama, siccome alla fine della fiera i personaggi, in Pitch Black, si riducono a morire uno dopo l'altro nel frattempo devono fare avanti e indietro da punto A a punto B.


Tuttavia, come svolta, non pare un pochino azzardato il fatto che ‘ste bestie possano uscire da sottoterra solo una volta ogni venti e passa anni perché sono creature notturne? Cioè, creature notturne, su un pianeta illuminato costantemente da tre soli? 

Va be', so' alieni, dirai. Mica ci vogliamo mettere a fa' le pulci in tasca sulla biologia di eventuali creature aliene, aggiungerai. D'accordo, sì. Sorvoliamo. Però, a parte questo, si tratta pure di una specie carnivora; su un pianeta dove, a parte loro, non c'è traccia di vita.

Inoltre, si muovono in branco: non di cinque, dieci, fai pure venti individui. No, vengono fuori in millemila, tutti assieme. Come fanno a sopravvivere? Cioè, metti questo e metti quell'altro, alla fine le domande cominciano ad accumularsi.

Per non parlare di Riddick, invece. Riddick c'ha 'sta grandissima peculiarità di poter vedere al buio, giusto? Veramente molto utile su un pianeta in cui è sempre giorno per ventidue anni consecutivi. Poi, comodamente, arriva l’eclissi e il tuo poter vedere al buio di colpo serve a qualcosa.


Il problema è che queste sono tutte cose che ti fanno sorgere dei dubbi, delle domande; e quando guardi un film, domande non devono esserci. Perché altrimenti la sospensione del dubbio va a farsi una camminata.

C’è da dire, comunque, che Pitch Black è un progetto che ha impegnato Twohy per anni, fin dai tempi del suo script poi scartato per Alien 3. Mettici le mani oggi e metticele domani, normale che qualcosa alla fine non funzioni.

Per esempio, la prima bozza della sceneggiatura anziché Pitch Black era intitolata Nightfall. In questa prima versione, molto simile alla prima sceneggiatura scritta da Dan O’Bannon per Alien, la protagonista era una certa Tara Krieg

Una fuorilegge, chiaramente ispirata a Ripley, appartenente a 'na specie di tribù di predoni interstellari. Via di mezzo fra pirati e barbari. Cosa, questa, che faceva il paio con il personaggio di Imam. Il quale avrebbe dovuto chiamarsi Noah Toth ed essere un sacerdote di 'sta specie di culto tecnologico.

Inoltre, il pianeta in cui si schiantano i personaggi in Pitch Black è chiamato M6-117. Tuttavia, inizialmente era stato nominato Hades e non avrebbero dovuto esserci tre soli. Anzi. Il concetto di fondo, sì, era sempre lo stesso. 

La differenza è che nella prima versione si limitava a un’alternanza fra due mesi di giorno e due mesi di notte. Così come non avrebbero dovuto manco esserci i Bioraptor, cioè la specie aliena che si vede alla fine in Pitch Black.

Al posto dell’avamposto geologico c’erano antiche rovine di una civiltà scomparsa e “i cattivi” del film erano i fantasmi - superstiti degenerati - delle creature che costruirono le suddette rovine. Proprio una cosa leggerissimamente diversa, insomma.

In questa versione molto più ispirata ad autori come Edgar Rice Burroughs e Arthur C. Clarke, il film avrebbe potuto essere meglio. O forse peggio. Chissene, in buona sostanza. In fin dei conti, Pitch Black è un b-movie girato al risparmio con attori all’epoca sconosciuti.

Eppure, può essere a basso budget quanto vuoi, ma è evidente che David Twohy ci ha spremuto fino all’ultima goccia di sangue da questa storia, rendendo chiaro immediatamente il perché Pitch Black sia diventato, quasi immediatamente, un classico di culto.

Forse, il problema più grande è stato il troppo impegno, il voler fare, a tutti i costi, le cose per bene. Finendo, irrimediabilmente, per perdere di vista quei dettagli che avrebbero potuto mettere Pitch Black al pari di film come Alien e Predator.


Ebbene, detto questo credo sia tutto.


Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

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