DONNE PROTAGONISTE DEI CARTONI ANIMATI



Donne protagoniste dei cartoni animati, eh? Allora segue piccola, quanto doverosa, premessa con tanto di altrettanto doverosa considerazione. Così, giusto per capirci: chi si trova spesso a passare da queste parti, sa perfettamente che ogni qualvolta si va a parare sui cartoni animati viene fuori sempre la stessa storia. Cioè, per quanto riguarda l’animazione in genere, gli anni ottanta non si battono. Bene.

C’erano i Ghostbusters, i Thundercats, Transformers, G.I. Joe, He-Man e compagnia cantante, no? Benissimo. Ora, sì, tutto molto bello, certo. Tuttavia, se ti fermi solo un attimo e guardi la cosa da 'na certa prospettiva, ci metti poco ad accorgerti che quella era l’epoca d’oro dell'animazione per il piccolo schermo, sicuramente; ma era pure la sagra della salsiccia, però.

Donne protagoniste dei cartoni animati o del “Principio Puffetta”


Il discorso, fra donne protagoniste dei cartoni animati e donne protagoniste nei film, riguarda principalmente le differenze nell’esposizione e nello sviluppo delle storie tra prodotti animati seriali e film. Piccola, quanto significativa discrepanza, che portò prima al Test di Bechdel, poi, la scrittrice Katha Pollitt a teorizzare quello che oggi conosciamo come Principio Puffetta. Eh… e che è 'sta roba?

Sostanzialmente, il Test di Bechdel è 'na roba tipo il test Voight-Kampff di Blade Runner, diciamo. Solo che al posto delle emozioni, misura il modo in cui le donne vengono rappresentate in opere di finzione. Invece, il Principio Puffetta evidenzia come le figure femminili fossero, in genere, l’eccezione. Un semplice riferimento periferico alle figure maschili, rappresentate invece pienamente come individui.

Teela

(He-Man e i dominatori dell’universo)

Per essere più precisi, ogni uomo aveva una personalità che andava definire il gruppo, la storia e l’insieme dei loro codici di valori. Le, anzi, LA femmina, perché generalmente ce n’era una soltanto, subiva, nella migliore delle ipotesi, una caratterizzazione limitata a un mucchietto di stereotipi e il cui unico scopo era fare da contrappunto per accentuare le peculiarità degli eroi.

Ecco, nonostante come programma in sé aderisse al modello del Principio Puffetta e per quanto strano possa sembrare, in realtà He-Man e I dominatori dell’universo ha fatto molto con le poche donne che apparivano nella serie. La maga Sorceress, per esempio, era uno degli esseri più potenti di Eternia e guardiana del castello di Greyskull, la fonte del potere di He-Man.

Evil-Lyn, era a conti fatti l’unica a meritare di stare sul libro paga di Skeletor, visto che i colleghi, per lo più, erano una massa di decerebrati. Poi c’era Teela: in realtà figlia di Sorceress, quindi destinata a diventare la prossima guardiana di Greyskull, ma cresciuta da Man-At-Arms, l’ingegnere e mentore del principe Adam.

Cheetara

(Thundercats)

Chiaro fossimo ancora lontani dall’avere donne protagoniste dei cartoni animati vere e proprie. Però, per quanto scarno, Teela aveva comunque un suo background. Era una guerriera eccezionale, aveva competenze enormi ed era a capo della guardia reale di Eternia.

Manteneva intatte le sue virtù femminili come bellezza, eleganza e fascino, ma non erano queste a caratterizzarla e determinarla. Al contrario, aveva una personalità: era determinata, energica, risoluta e, dulcis in fundo, pure l’unica ad avere le palle di dire al principe Adam quanto fosse un inutile debosciato. Stesso discorso, vale per Cheetara.

Cheetara è la più intelligente ed equilibrata di tutti i Thundercats, oltre a essere l’unica tra loro a non aver paura dell’acqua. Mica fischi, eh. Forse il suo potere speciale di precognizione era 'na roba che faceva un po’ troppo intuito femminile, d’accordo. Ciononostante questo dimostra che qualcuno ci stava provando, almeno, a cambiare un po’ le cose.

Stella di fuoco

(L'Uomo Ragno e i suoi fantastici amici)

Angelica Jones
alias Stella di fuoco (Firestar) è un personaggio estremamente rilevante per due motivi. In primis, se teniamo presente il periodo in cui comparve. In secondo luogo, i suoi sono quelli che sarebbero diventati i tratti tipo delle donne protagoniste dei cartoni animati.

Metti che Teela e Cheetara, così come Lady Jaye dei G.I. Joe, Steelheart dei SilverHawk, Gloria Baker in M.A.S.K. eccetera, nascevano tutte fra il 1983 e il 1987. I cartoni animati, in genere, continuavano a essere un trionfo di wurstel e di donne protagoniste ancora niente. Però, grazie a loro cominciava a emergere l’immagine della donna-guerriera tosta e cazzuta. Sì, ma Stella di fuoco?

Il fatto è che nel 1981, I Puffi sono stati uno dei primi e più grandi successi del piccolo schermo. Particolarità: inizialmente, erano tutti esclusivamente maschi. Gargamella, per seminare discordia e zizzania in questa specie di salsicciosa utopia, cosa fa? Crea artificialmente un puffo femmina: Puffetta. Benissimo. Ora, qual è il punto? 

Il punto è che ogni puffo, per quanto semplicistica, aveva comunque una personalità che andava a caratterizzarlo. Puffetta invece, anziché avere un carattere, era semplicemente identificata tramite una serie di attività stereotipate. Tipo andare a cogliere margherite e pettinarsi i capelli, per dire. Tutte cose, giustamente, considerate “attività femminili”.

Lamù

(Urusei Yatsura)

Nello stesso periodo de I Puffi, Marvel Productions lancia L’Uomo Ragno e i suoi fantastici amici. I quali avrebbero dovuto essere Bobby Drake, ovvero l’Uomo Ghiaccio degli X-Men, da un lato. Johnny Storm, alias la Torcia Umana dei Fantastici 4, dall'altro. Solo che all'epoca c’era tutta 'na brutta storia sui diritti di sfruttamento commerciale e quindi, niente più Torcia Umana.

Come ripiego crearono un personaggio originale appositamente per la serie: Stella di fuoco, appunto. Che per quanto rimanesse un comprimario, andava in una direzione diametralmente opposta, suggerendo l’idea che le donne, nei cartoni animati, potessero avere ruoli di rilevanza maggiore rispetto allo stare ferme e zitte.

Tuttavia, Stella di fuoco non è stata l’archetipo delle donne protagoniste dei cartoni animati. Perché giusto qualche anno prima, nel 1978, in Giappone il settimanale Shonen Sunday pubblicava per la prima volta il manga Urusei Yatsura di Rumiko Takahashi. Da noi, arrivato semplicemente come Lamù.

Questo porta a un paio di fatti curiosi assai. Tipo che la Takahashi aveva progettato tutto con l’idea di rendere Ataru il protagonista unico di tutto il teatrino. Lamù avrebbe dovuto essere un semplice personaggio secondario. Ricorrente, al massimo. Oltretutto, in sé Lamù era pure una tsundere, cioè un certo tipo di stereotipo femminile.

Sailor Moon

(Sailor Moon)

Le tsundere, sono stereotipi poco ricorrenti qua in occidente e giusto per capirci, hanno tratti che ricordano i disturbi dello spettro bipolare. Questi personaggi tendono ad avere inizialmente un comportamento freddo, scontroso; se non apertamente violento, addirittura. Per poi rivelarsi dolci, protettive e amorevoli con la persona amata. Così, di botto.

La cosa interessante è che nel tempo, Lamù, sia come personaggio sia come opera in toto, si è molto evoluta. Rumiko Takahashi, a proposito del carattere di Lamù, disse: “Sono convinta che una donna debba essere forte, sempre, per difendere la persona che ama”. Concetto che in un certo modo ha portato al ribaltamento, ante litteram, delle dinamiche tipiche del Principio Puffetta.

Non più una donna, sola, il cui ruolo era prevalentemente stare là a non fare 'na beata mazza, ma un personaggio attivo sul cui carattere ruotavano lo sviluppo e l’articolazione di storia e personaggi. Cosa che ha portato alla nascita di Sailor Moon. Trent’anni dopo, Sailor Moon è ancora una delle serie più rilevanti per quanto riguarda le donne protagoniste dei cartoni animati.

Questo perché le Guerriere Sailor rimangono il primo esempio di shonen sentai mono tutto al femminile, oltre al fatto che la protagonista era, appunto, protagonista in tutto e per tutto in senso assoluto. Oltretutto, venivano sempre evidenziate la sua forza e la sua risolutezza di fronte alle avversità senza che queste fossero, necessariamente, un contrappunto per altri personaggi.

Daria Morgendorffer

(Daria)

C'è da dire che Sailor Moon, con il suo avvento, ha dato alle ragazzine degli anni novanta un ampio spettro di cose su cui fantasticare; oltre stare là ad aspettare di essere sposate da un uomo bello e ricco. Dettaglio non di poco, insomma.

Nel frattempo, Beavis and Butt-head è stata una delle prime sitcom a cartoni animati per adulti. Una serie di culto che ha segnato i primi anni novanta. Daria era un personaggio secondario che, al termine della serie, è stato riciclato come serie a parte nel tentativo di attirare un pubblico femminile.

Daria è quindi diventata un fenomeno generazionale e, sotto molti aspetti, perfino migliore e forse più grande di Beavis and Butt-head. A differenza di altri cartoni animati, sia di ieri sia di oggi, che ricorrevano a un umorismo piuttosto iperbolico per sottolineare determinate cose, Daria era molto più sottile.

Il personaggio era complesso e sfumato, pieno di pro e contro. Tuttavia i suoi tratti distintivi erano l’intelligenza e il profondo cinismo. Cose che la portavano a osservare il mondo e la vita con molto distacco, e reagire con sarcastiche osservazioni, secche e argute. Attualmente, Daria è una delle pochissime serie a reggere il peso degli anni.

Tiabeanie “Bean” Mariabeanie de la Rochambeaux Grunkwitz

(Disincanto)

Lamù, Stella di fuoco, Daria e tutte le altre non sono semplici cartoni animati. Non sono semplici donne protagoniste dei cartoni animati. Sono i tasselli con cui, poco alla volta, siamo riusciti ad avere personaggi nuovi. Sfumati. Omnicomprensivi. La principessa Bean, per esempio, così come Disincanto, la serie di cui è protagonista, rappresenta un po' la summa massima di tutto questo.

Perché Bean non è la tipica principessa, ma l’esatto opposto: è frustrata dalle limitate scelte di vita a sua disposizione come donna. Del suo ruolo stereotipato di trofeo e strumento sforna-eredi. Al contrario, presenta tutti i tratti tipici del guerriero: è rozza, zozza e pure un po’ ignorante. S'alcolizza a ufo e alla bisogna, non disdegna di spararsi qualche sostanzuccia. 

Però è forte, leale, onesta e di buon cuore. Disincanto è una bella serie, anche grazie a Bean e al modo in cui sfrutta il suo carattere. Una via di mezzo fra la sottile ironia di Daria, l’azione di Xena e gag sceme tipo I Griffin e simili; anche se a molti non è piaciuta. Perché? Perché non è come I Simpson. Esattamente come vent’anni fa, non piaceva Futurama perché, indovina, non era come I Simpson.

Mentre a quelli a cui Disincanto è piaciuto, beh…

She-Ra

(She-Ra: Princess of Power)

Mettiamola così: chiaro che parlare di donne protagoniste dei cartoni animati, all'epoca, era un eufemismo. I cartoni animati erano tanti e le donne protagoniste poche. Alla peggio, erano limitate a ruoli secondari il cui massimo valore era espresso in termini di quanto valore potessero avere per gli uomini. Poi è arrivata She-Ra.

Ora, attenzione: l’intera trama di He-Man veniva riassunta in trenta secondi durante la sigla: “Scoprii di avere certi favolosi poteri segreti il giorno che sollevai verso il cielo la mia spada magica e dissi: Per la Forza di GraySkull. La grande Forza è con me. Cringer diventò il possente Battle Cat ed io diventai He-Man. L’uomo più forte e potente dell’intero universo”.

L’uomo più forte e potente dell’intero universo, ok? La principessa Adora, sorella gemella di Adam, era in possesso dell’altra metà della Spada del Potere e proprio come suo fratello, sollevandola al cielo poteva trasformarsi in She-Ra. Tuttavia, She-Ra non era la “donna” più forte e potente dell’universo e perciò, in quanto donna, più debole dell'uomo più forte e potente dell’intero universo.

Al contrario, She-Ra era molto più forte di He-Man: come Adora, a differenza di quello sciroccato del fratello coccolino-principino di casa, venne rapita da neonata e cresciuta da Hordak in un mondo oscuro e distopico. Sia prima che dopo aver scoperto i suoi poteri, era impegnata a guidare i ribelli contro Hordak. Mentre nei panni di She-Ra, a parte abbattere le montagne a rutti, aveva anche poteri curativi.

Che te lo dico a fare: She-Ra era bella. Scosciata, sexy... troppo provocante. Aveva troppe di quelle prerogative diventate, nel triste mondo malato di oggi, assolutamente negative e perciò da "correggere". Vediamo di capirci bene su 'sto punto, ok? Chiaro che se in una storia di maghi e guerrieri ci schiaffi 'na tipa la cui armatura è composta da un paio di copricapezzoli e un perizoma metallizzati…


Se l'unico scopo di un personaggio mostrato in un modo simile è limitato a quello e quello soltanto, cioè, un veicolo per mettere in mostra un mucchietto di fantasie segaiole slegate da qualsiasi contesto, normale che non vada bene. Tuttavia, il problema sta nel fatto che due bugie non fanno e non hanno mai fatto una verità. Così com'è sbagliato questo, è sbagliato pure il suo opposto.

Pare che per molti, oggi, una donna debba limitarsi a una rappresentazione monodimensionale e strettamente classificata: nel senso, essere sia forte e potente sia bella e attraente allo stesso tempo, pare non sia possibile. Per questo si diceva più su di Bean e di quelli a cui è pure piaciuto pure Disincanto: “Mi piace perché non l’hanno mostrata come la principessa tipo, bella e provocante”.

Complimento andato per la maggiore che però, lascia intendere che a questo si limita la comprensione del personaggio: a com’è vestita. Non importa il suo carattere, la sua personalità o il suo sviluppo. No, in effetti, l'unica cosa che a quanto pare conta è come appare.

Allo stesso modo, She-Ra era più forte di He-Man. Migliore di lui, più interessante di lui. Forse la prima tra le donne protagoniste dei cartoni animati. Però è troppo scollata. Perciò rifacciamo la serie, ignoriamo tutto è vestiamola come un uomo, ché è moralmente più accettabile. 

Fondamentalmente, non è il cliché a essere fastidioso, noioso o, per usare una parola che oggi va di moda, offensivo. Semmai il fatto è che, come per le note, esistono solo sette tipi di storie. Perciò, non è tanto cosa fai, ma come lo fai a cambiare le cose. Un mattone rosso sarà sempre un mattone rosso. Proprio come una casa per essere definita tale avrà sempre quattro pareti e un tetto. 

Pensa se facessi l’architetto: a sputi e pernacchie con ogni altro architetto che usa mattoni rossi per tirare su quattro pareti e metterci un tetto? Quelli sono solo gli strumenti a disposizione. Non sono loro, ma il modo in cui vengono usati a fare la differenza.


Ebbene, detto questo credo che anche per oggi per le donne protagoniste dei cartoni animati sia tutto.

Stay Tuned ma soprattutto Stay Retro.

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