Resident Evil 2002 - Paul W. S. Anderson l'arma definitiva della Umbrella



Il T-Virus, Villa Spencer, la UmbrellaResident Evil, insomma. Ce lo ricordiamo tutti, no? Come potrebbe essere altrimenti, del resto: Resident Evil non è solo un gioco che ha fatto storia, ma un multi-franchise a marchio registrato da cui, nel corso degli anni, so' riusciti a tirarci fuori l'impossibile; dalle muffole ai cafè tematici, per dire. Poi, nel bel mezzo del cammin di nostra vita è arrivato lui: Paul W.S. Anderson. Lui, l'uomo del popolo auto-definitosi un regista populista, qualunque cosa significhi.

A un certo punto, a quanto pare per il popolo e soltanto per il popolo, Paul W.S. Anderson decide sia giunto il momento che Resident Evil diventi un film. Quindi si occupa del soggetto, scrive la sceneggiatura e in ultimo, ma non per questo meno importante, pianifica la regia. Lui, Anderson, arriva addirittura a metterci i soldi come produttore. Un vero one man army, praticamente.

Nota: ne Il bambino d'oro con Eddie Murphy, Victor Wong ha una linea di dialogo assolutamente fantastica e impossibile da dimenticare: “Questi splendidi americani! Così tanto potere nelle loro mani, e così poca consapevolezza nell’usarlo”. Cioè, seriamente, impossibile a scordarsela ‘na marchetta di proporzioni simili. In altre parole, il problema è che sono gli americani, dal denaro a tutto ciò che c'è di annesso e connesso, a trovarsi ogni tipo di mezzo a disposizione; e nonostante questo, c'è gente come Paul W.S. Anderson capace di uscirsene con robe come Resident Evil.

Quindi, siamo agli inizi del XXI° secolo e l'Umbrella Corporation, colosso aziendale la cui grandezza è misurabile in una scala che va da Microsoft a Disney, detta legge su tutti i fronti. Nove persone su dieci, infatti, utilizzano almeno uno dei suoi prodotti. Raccoon City, invece, simpatica e ridente, quanto immaginaria e stereotipata cittadina del midwest americano è la sede principale della Umbrella. La quale, oltretutto, fornisce oltre 3/4 dei posti di lavoro della città.

Naturalmente, un'azienda così grande nasconde l’immancabile, quanto ovvia, villanìa: appunto, proprio sotto Raccoon City, la Umbrella ha costruito un gigantesco laboratorio segreto chiamato Alveare, dove porta avanti esperimenti illegali nei campi della batteriologia e dell’ingegneria genetica a scopi militari. Segue, altrettanto ovvio, incidente. Fuga di virus letale. Sistema di sicurezza assurdamente complesso e fantasiosamente letale che entra in funzione et voilà! Gli impiegati dell’Alveare sono belli che morti.

Nel frattempo, in una villa sperduta nei boschi adiacenti la città, Alice si risveglia senza memoria dalla doccia in cui s'era accasciata tipo sacco di patate. Confusa e stordita, anziché preoccuparsi di chiamare un'ambulanza a causa di un probabile trauma cranico, inizia a vagare per l’enorme magione, così, a caso, cercando di ricordare se aveva chiuso il gas e spento il forno, probabilmente. Comunque.

Girando a casaccio per la villa, Alice, stordita, illusa e confusa, all'improvviso e ancor più a casaccio viene aggredita da Matt: finto poliziotto per hobby, ambientalista duro e puro di professione. Ecco, manco il tempo di darsi due schiaffi che nella villa fa irruzione, così, di botto, 'sto gruppo di soldati alla G.I. Joe. Il capo, giustamente, con l'autorevole calma che si addice a un leader carismatico, spiega ai due, bene bene e col cucchiaino, tutto quello che il film aveva già mostrato fino a quel momento.  

Questo, però, attenzione: è lo spiegone. A parte ripetere, perciò, aggiunge ulteriori spiegazioni a una trama che a quel punto potrebbe risultare troppo complessa. Quindi, Umbrella cattiva. Raccoon City, copertura. Alveare, laboratorio segreto. La villa in cui Alice sta là a vagheggiare, in realtà è una delle due entrate per l'Alveare. I G.I. Joe, sono stati mandati dalla Umbrella con l’ordine di disattivare La Regina Rossa, il computer centrale che gestisce tutta la baracca e andato in tilt, ha ucciso i dipendenti e sigillato tutto quanto. Benissimo. 

Per arrivare all’Alveare, ché nel momento in cui sei una malvagia multinazionale che traffica in orribili esperimenti segreti, c’è addirittura un'intera ferrovia sotterranea che parte dalla villa. Qui, svenuto in uno dei vagoni del treno, Alice, Matt e i G.I. Joe trovano Spence; un tizio che, proprio come Alice, non ha la più pallida idea del perché si trovi lì e perché, come e quando sia successo.

Arrivati all’Alveare, il gruppo fa un po' di avanti-e-indietro, giusto per allungare in qualche modo il minutaggio del film. Alla fine, arrivano alle porte della sala centrale, dove, in teoria, dovrebbe trovarsi la Regina Rossa. Ovviamente, a difesa della potente femputer c'è un intero corridoio armato con una griglia laser intelligente e, ancor più ovviamente, secondo la tradizione del tipo di colore muore per primo, il carismatico leader dei G.I. Joe muore. Insieme ad altri tre tizi della squadra, almeno.

Finalmente, riescono a disattivare la trappola e così, Alice e il resto del gruppo, arrivano alla sala del computer per fare un bell'hard reset alla Regina Rossa. Solo che una volta lì, sorpresa sorpresa, non è che il computer fosse impazzito. In realtà, avvertito il rilascio di sostanze tossiche nel sistema di ventilazione - il T-Virus, praticamente - aveva sigillato l'intero complesso per impedire una diffusione virale all'esterno. Inoltre, spiega sempre la femputer, il vero potenziale del T-Virus sta nella sua capacità di riportare in vita i morti.

Disattivandola, sbloccheranno tutti i sistemi di sicurezza e di conseguenza, virus e infetti saranno liberi di girare per l'Alveare prima, raggiungere la superficie poi. Tutti, ovviamente, se ne sbattono alla grandissima della spiegazione e spengono la Regina Rossa. Essenzialmente, da qui in poi c'è poco da dire: secondo e terzo atto sono riducibili al semplice concetto di sopravvivere all'orda e dove i personaggi, via via muoiono in ordine d'importanza. L'unico abbozzo di colpo di scena - che piove direttamente dal cielo senza un perché - riguarda Alice. 

A un certo punto, c'è 'sta sequenza in cui Alice si trova separata dal resto del gruppo, ok? Segue scena, di botto, dove Alice completamente circondata, abbatte un gruppo di cani-zombie con delle super-mosse-uattà-volanti scoprendo così di avere certi favolosi poteri. Tipo il principe Adam che per purissimo caso un giorno solleva la spada e scopre di potersi trasformare in He-Man. Uguale.

A parte questo, il subplot di Matt l'ambientalista si ricollega alla trama e praticamente, viene fuori che si trovava lì per cercare la sorella infiltratasi (maddài!) nell’Alveare a caccia di prove, in modo tale da poter denunciare pubblicamente la Umbrella. Prove schiaccianti, eh, però; ché un gigantesco laboratorio segreto sotto la città in cui si sperimenta sugli esseri umani, no, quello non è abbastanza. Bella chiavica.

Per farla quanto più breve possibile: assurda baracconata è il complimento massimo spendibile per 'sto Resident Evil di Paul W. S. Anderson. Su carta, questo dovrebbe essere un adattamento. Cioè la trasposizione, secondo il principio di crossmedialità, di una data storia da un eventuale canale d'origine a un altro del tutto differente al netto di ovvie libertà creative, previste nell'ottica della funzionalità generale. 

In altre parole, qualcosina qua e là puoi pure cambiarla, sì. Andartene per frasche completamente alla cazzomannaggia, no. Sono due concetti molto diversi. Resident Evil, videogames, a grandissime linee, affonda a mani basse in una caterva di tropi e cliché presi di peso dai B-movie anni ottanta. A seguito di una brutale ondata di orribili omicidi, la trama segue gli sforzi di una squadra speciale chiamata a investigare nei boschi adiacenti la città, in quanto gli indizi raccolti indicano proprio quella zona. 

Presi alla sprovvista, sono costretti a ripiegare poi in una magione disabitata nel fitto dei boschi in cui, inizialmente, pensano di aver trova riparo. Solo in un secondo momento, scopriranno che la villa, di proprietà della Umbrella, in realtà serve da copertura per un laboratorio segreto dove la società conduce esperimenti illegali, per lo più mostruosi, su esseri umani. Ora, chiaramente, va da sé che non è possibile fare un adattamento in scala 1:1 di un videogame. In quanto il videogame è un mezzo interattivo. 

Le azioni si svolgono nel modo e nella misura di quello che il giocatore è chiamato a fare in quel contesto. Tuttavia, hai già una struttura; si tratta di riempire i vuoti. In questo senso, la scrittrice S.D. Perry, all'epoca, sulla base delle linee guida fornite da Capcom, ha fatto un gran lavoro di adattamento con le novelization dei giochi. Magari, se Anderson e compagnia cantante avessero ragionato giusto più in piccolo col film, invece di metter su il solito, tipico, americanissimo spara-spara tutto esplosioni, avrebbero potuto prendere a modello la Perry e partire da lì. 

Il punto è questo: non è possibile che la storia di un videogame, pienamente, pesantemente ispirata al cinema di genere su cui fa totale affidamento per funzionare, nel momenti in cui vai ad adattarla in un film, il film viene fuori peggio del gioco. Anzi. Paradossalmente, il videogame è di gran lunga più plausibile. Capiamoci un attimo: il "Laboratorio Segreto", per dire, ok? Nel gioco originale, per quanto grande, la struttura era decisamente contenuta, nascosta ed era un posto in cui lavorava lo stretto necessario del personale scientifico/militare.

In Resident Evil film, invece, si tratta di una struttura megalitica grande quanto l’intera città, in cui lavorano centinaia di cristiani, tra scienziati, segretarie, impiegatucoli di basso livello e via dicendo. C’ha un minimo di senso ‘sta cosa per essere chiamata laboratorio segreto? Sì, se al massimo ti chiami Boss Artiglio, probabilmente sì. Nel resto dei casi, assolutamente no.

Al di là di questo, nel momento in cui la storia mi viene completamente spiegata nei primi dieci minuti di film, scongiurando così il pericolo di avere un colpo di scena, fosse anche solo un minimo d'intrigo nell'intreccio, arrivano pure i personaggi a dare man forte. Piatti. Banali. Tristemente stereotipati e le cui interazioni si riducono a semplici esclamazioni, comandi o spiegazioni. Questo, senza manco prendere in considerazione il fatto che all'improvviso Milla Jovovich tira fuori i superpoteri. 

A ‘sto punto, viene veramente da chiedersi perché prendersi anche solo la briga di chiamarlo Resident Evil 'sto film, se a parte alcuni nomi, protetti da copyright, non c’è assolutamente nulla di ciò che è Resident Evil in sé. In definitiva, qui si trascende dal concetto di “basato su” e/o di “tie-in”. Non tanto per via del fatto che sia un pessimo esempio di adattamento, totalmente fuori contesto e lontanissimo da ciò a cui tenta d'ispirarsi. Semmai, il problema è che si tratta a priori di un film noioso e senza la benché minima scintilla d'ispirazione.  

Eppure, anche così rimane a oggi il miglior adattamento cinematografico di Resident Evil. Figuriamoci.

Detto questo, credo che anche per oggi sia tutto.

Stay Tuned ma soprattutto Stay Retro.


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