ASH VS EVIL DEAD – ORIZZONTI DI GORE



Ash vs Evil Dead… al tempo della vita nel meraviglioso mondo dell’internet 2.0, in cui tutto diventa vecchiume in circa diciotto secondi, pare siano passati millemila anni da quel giorno al San Diego Comic-Con. Un giorno del 2014, in cui Sam Raimi rivelò di essere impegnato, con gli storici amici e collaboratori Bruce Campbell e Robert Tapert, nello sviluppo di una serie tv basata su Evil Dead.

Ovviamente c’era eccitazione nell’aria. Il problema stava nel fatto che, al di là di tutto, un progetto come Ash vs Evil Dead si portava appresso tutto un bastimento carico di meh e ‘nzomma. L’anno prima, nel 2013, era uscito Evil Dead (da noi intitolato La casa), lo pseudo sidequel di Fede Álvarez.

La domanda ti veniva spontanea. “Eh… Il film di Álvarez tutto sommato è andato bene. Insomma, si vede che a ‘sto punto ci vogliono mangiare n’altro po’ sopra”. Ancor più logica, la considerazione (retorica) che veniva fuori da questa premessa: a quasi venticinque anni da L’armata delle tenebre, ha senso riprendere questa storia? Con il proverbiale senno di poi, la risposta è sì…

… Ash vs Evil Dead è un male necessario

Partiamo dal presupposto che, all’epoca, erano state fatte delle promesse. Mirabolanti promesse di gore, violenza, volgarità e immancabili oscenità. Tutte cose che qualunque fan di Evil Dead in modalità Vigo il Carpatico pretende e vuole, in quanto marchi distintivi e imprescindibili della saga.

A differenza di reboot, remake, prequel o qualsivoglia altra operazione-marchetta, robe per lo più attaccate con lo sputo giusto per mungere senza pietà né vergogna gli appassionati, Ash vs Evil Dead rispetta il proprio passato. Riuscendo anche a non esserne schiavo. Nel senso che sarebbe stato immensamente facile prendere Bruce Campbell, buttargli addosso un paio di secchiate di sangue e via. Buongiorno 1981, come stai?

Bisognerebbe sempre aver chiara la differenza tra citazione e ripetizione, tra coerenza e brodaglia scaldata all’infinito. La lungimiranza di Raimi, Campbell e Tapert sta nell’aver riutilizzato, sì, quegli stessi personaggi e sì, marciato su ogni singolo dettaglio visto in precedenza. Ma, questo è il punto, ampliandone le suggestioni in modo coerente.

Per Ash vs Evil Dead vale un po’ il discorso di Prometheus. Tutta quella pippa fanta-meta-psico-religiosa del film di Ridley Scott può piacere come no. Tuttavia, il tentativo di fare qualcosa di nuovo c’è stato. Anziché uscirsene con lo stesso film di quarant’anni fa, ma con l’alieno fatto bene in Cgi.

La differenza sta nel fatto che con Ash vs Evil Dead l’hanno fatta semplice. Senza andarsene per frasche con millemila pipponi che fanno a cazzotti con quanto visto nei film. In generale, la serie risponde alla domanda: dopo aver sconfitto il male e salvato il mondo alla fine de L’armata delle tenebre, che n’è stato di Ash Williams?

Assolutamente niente. Continua a fare il commesso nello stesso pulcioso negozio di allora, vive in una squallida roulotte e si alcolizza tutte le sere cercando di scoparsi chiunque gli capiti a tiro. Piccolo dettaglio, Ash sarebbe comunque il “custode” del Necronomicon.

Magari sarà per essere stato troppo a contatto con il male assoluto. Oppure per l’età che avanza. Sta di fatto che Ash è scemo tanto, se non più, di quand’era ragazzo. Siccome il Necronomicon lo usa per tenerci l’erba, dopo aver fumato, per impressionare la tipa che voleva ingroppare, una sera si mette a recitare alcune formule del libro a casaccio. Risultato: il risveglio del male.

Fatta la cagnara, Ash cerca di metterci la proverbiale pezza a colori. Cioè, ignorare la situazione trasferendosi altrove. Sperando che, in qualche modo, il problema si risolva da solo. Ovviamente no e, fra una cosa e l’altra, vengono tirati di mezzo pure due commessi che lavorano al negozio con lui, Pablo Bolivar (Ray Santiago) e Kelly Maxwell (Dana DeLorenzo).

I quali, dopo giusto qualche piccola reticenza iniziale (Ash sembra il classico cinquantenne in piena crisi di mezza età) stringono amicizia con lui, formando una piccola squadra “anti-mostri”. Pablo e Kelly si uniscono a lui dopo aver avuto a che fare con i deadites ma, soprattutto, dopo aver visto Ash in azione. Il quale, alla bisogna, torna il macho-eroe che spacca culi a nastro.

A grandi linee questo è lo startup di Ash vs Evil Dead. Una serie con cui Raimi e compagni sono riusciti a dare nuova linfa vitale a un personaggio tanto iconico quanto affascinante. Dandogli, pure, un senso e uno scopo al di là del semplice “ammazza e squarta”. Corsa matta, disperata e scontata verso quel “groovy” che tutti si aspettano.

Si diceva prima che l’approccio più semplice era quello di prendere Campbell, mettergli fucile e motosega in mano e toh, vai con il mostro della settimana. Anche in virtù del fatto che, per la maggiore, uno è abituato a vedere Ash a venir fuori da un mare di sangue e cadaveri, affrontando i deadites da solo. Generalmente in una casupola nel niente in provincia di non lo so.

Metti pure che i personaggi interpretati da Dana DeLorenzo e Ray Santiago, inizialmente, convincevano poco. Semplicemente perché la saga, in crescendo, ha sempre puntato molto sull’umorismo nero e sulla slapstick comedy. In questo senso, con non una, ma ben due spalle, c’era il rischio di trasformare tutto in una roba tipo Scooby-Doo.

Invece, Pablo e Kelly funzionano non alla grande ma alla grandissima. Sarebbero potuti essere semplici macchiette di contorno. Sagomette di cartone messe lì, mentre Ash distrugge cose e ammazza gente. Al contrario, vengono caratterizzati, sviluppati e contestualizzati. Avendo poi, nel corso della serie, un loro senso e un loro perché nell’economia della situazione.

In generale, a proposito di contesto, nel corso delle tre stagioni di Ash vs Evil Dead, le situazioni in cui i personaggi vengono a trovarsi sono parte di un quadro un tantino più realistico. Nel senso che il mondo in cui si muovono è un “mondo vivo”, in cui a ogni azione corrisponde una reazione. Per capirci, i deadites, che siano cadaveri o persone ancora vive, sono posseduti dal male, ok?

Una volta fatti a pezzi, il male lascia i corpi e questi riprendono il loro aspetto normale. Perciò, agli occhi del mondo esterno (vivo, abitato, pieno di gente) Ash è una specie di serial killer che si lascia dietro una scia di morti. Ecco, questo è un approccio che viene sfruttato in modo intelligente sia per la crescita che per l’esplorazione del personaggio.

Nella seconda stagione viene detto che Ash è cresciuto in una piccola città di provincia chiamata Elk Grove. Che suo padre, Brock Williams (Lee Majors), rozzo, volgare e agricolo quanto e più del figlio è vivo. Nonché, dulcis in fundo, tutta Elk Grove odia Ash, soprannominato “Ashy Slashy”. Questo perché sono convinti che sia un maniaco omicida.

Un pazzo che ha approfittato, quel giorno di trent’anni prima, di trovarsi in quella baita sperduta tra i boschi per massacrare fidanzata, amici e un gruppo d’escursionisti. Un cavillo legale, botta di fortuna che agli abitanti di Elk Grove proprio non sta bene, è l’unico motivo per cui non sia finito sulla sedia elettrica.

Tra l’altro, restando in tema di cavilli legali, ci tenevano così tanto ad Ash vs Evil Dead, da riuscire pure a risolvere la cagnara con la Universal. Gli eventi de L’armata delle tenebre, inizialmente, non potevano essere specificamente menzionati. Proprio perché la Universal ne aveva i diritti. Verso metà 2016, Robert Tapert riuscì a metterci una pezza e risolvere la situazione.

In questo modo, la serie ha potuto inglobare i fatti de L’armata delle tenebre nella storyline principale dalla seconda stagione in poi. Forse è questo il gigantesco elefante nella stanza difficile da ignorare. Nei primi mesi del 2018, a due episodi dalla fine della terza stagione, Starz, il canale a pagamento che ha prodotto la serie, annuncia ufficialmente la cancellazione.

Ci sarebbe il bisogno di fare una premessa e una considerazione. La premessa è che non importa il perché, ma il come. Nonostante Ash vs Evil Dead abbia vinto vari premi, nonostante tutte e tre le stagioni abbiano un rating di oltre il 90% di gradimento sui siti d’aggregazione, frega poco. Il calo di ore d’ascolti ne ha decretato la fine. Ok, chiaro da afferrare come concetto.

La considerazione, quindi, è che uno spettacolo, grande o piccolo che sia, arrivato a un punto simile si trova a fare inevitabilmente i conti con una gigantesca trave nel culo. Ché, letteralmente, costringe in uno o due episodi di risolvere una serie intera. Tanto più è difficile quando è chiaro che non era quella l’intenzione prevista.

Cerchiamo di capirci senza spoiler, ok? Lì per lì, quell’episodio finale, L’uomo cazzuto (The Mettle of Man), un po’ di schifìo te lo fa salire appena finito di vederlo. Non perché sia brutto, fatto male, ridicolo o cose del genere. Semplicemente, ti lascia insoddisfatto. Perché pensi: “Cioè, è così che si concludono le avventure di Ash? Tutto ‘sto casino e alla fine ci ritroviamo allo stesso punto e a capo di trent’anni fa?”.

Dispiace particolarmente, perché seppur solida e intrigante fin dall’inizio, il vero balzo creativo di Ash vs Evil Dead comincia a vedersi proprio dalla terza stagione. Erano stati chiariti tutti i punti in sospeso dei film precedenti. Il passato era stato affrontato e qui, complice anche Brandy (Arielle Carver-O’Neill), la figlia che Ash non sapeva di avere, il personaggio stava affrontando una crescita reale.

Lo stesso vale per Pablo e Kelly: ammirevole come siano riusciti a mantenere il punto della situazione. Il loro story arc, separato da quello di Ash, iniziava a prendere sempre più piede attraverso la linea narrativa, diventando significativo per la trama generale. Questo dimostra che Ash vs Evil Dead non era un semplice prodotto di sfruttamento. Un ravanare a gratis nel passato per battere cassa.

Bensì c’era la voglia di continuare. Di esplorare, far crescere questa storia iniziata quasi quarant’anni fa. Chiunque abbia visto anche solo un film della saga sa perfettamente che la storia del Necronomicon di Ash è un espediente. Pensato per marciare ciclicamente, ancora e ancora, sulla stessa storia.

Campbell, Raimi e Tapert non hanno perso l’opportunità di riportare, nel vero senso della parola, in vita Ash Williams. Non hanno perso l’opportunità di mostrare lui, le sue avventure e i suoi compagni sotto una nuova luce. Trasformando il franchise in una serie tv, sono stati in grado di espandere il mito di Evil Dead in modo sorprendente.

Dopo aver sistemato il passato e preparato il terreno, proprio quando erano giusto tanto così dal mostrare un nuovo capitolo della vita di Ash oltre i fatti de L’armata delle tenebre, tutto è finito. Perciò, riguardando il finale di Ash vs Evil Dead, ti accorgi che quel senso di delusione generale non viene dal modo in cui la serie si è conclusa.

Voluto o meno, quel finale lì, paradossalmente, è l’unico a sembrare in qualche modo appropriato. Piuttosto, a deludere è ciò che intrinsecamente significa. Ovvero, aver bloccato la saga in un loop da cui non uscirà mai e che, noi spettatori, rimarremo sempre con il dubbio su cosa accadrà ad Ash.


Ebbene, detto questo credo che sia tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

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