CLASSE 1999 - A scuola con Terminator


Classe 1999 (Class of 1999 di Mark L. Lester, 1990) è piuttosto sopra le righe, ma ciò non significa necessariamente che sia un brutto film.

Pensando agli anni '80, se c'è una cosa di cui si sente la mancanza è... la “semplicità”, va'. Diciamo la faciloneria, volendo, con cui s'affrontavano le cose. Classe 1999 è appunto un residuato di un’epoca in cui i film non erano solo il frutto di complesse strategie di marketing. 

Non era solo una questione di numeri, di rientro del capitale investito e di massimizzazione dei guadagni. Certo, l’interesse nel guadagno c’era; eccome se c'era. Questa è 'na cosa che c’è e ci sarà sempre, ovvio. Però c’era anche un valore aggiunto mica da ridere.

Una cosa, oggi, sempre più difficile da trovare: la voglia di raccontare una storia.


A volte le produzioni erano ai limiti del miserabile, d’accordo. C’erano gli effetti – non tanto – speciali caserecci, ok. Le trame spesso non brillavano in quanto a profondità, tanto che parevano scritte da una scimmia in overdose, va bene.

Tuttavia al lavoro c’erano persone che, nonostante tutto, credevano in quello che stavano facendo. La prova sta nel fatto che a distanza di decenni ricordiamo e parliamo, nel bene e nel male, di certi film.

Film come, appunto, Classe 1999.


Classe 1999 è ambientato in un futuro abbastanza prossimo. Dove il tessuto sociale fatto di “ordine e democrazia” è collassato su se stesso e i giovini americani, imbruttiti al massimo, si danno praticamente all’ultraviolenza tanto per passare il tempo in maniera costruttiva.

Però con un sottofondo elettro-synth pop e non con il caro vecchio Ludovico Van, eh.

Per far fronte alla dilagante ondata di violenza e criminalità giovanile, il governo chiude intere zone della città, che all’atto pratico si trasformano in vere e proprie terre di nessuno dove vige la legge del più forte.

Insomma, un po’ come la New York-prigione dove viene mandato Snake Plissken, però più in piccolo, con più spalline e un consumo di lacca pro-capite a livelli vergognosi.


Indipendentemente da tutto, si è cercato di mantenere almeno in parte una minima parvenza di civiltà. Così, il Ministero dell’educazione se ne esce con 'sta specie di “scuole-fortezza” per tentare di insegnare qualcosa ai giovini delinquenti.

Laddove non si arriva con le buone, si arriva con l’estremismo bislacco degli anni ottanta. Infatti, Miles Langford (Malcolm McDowell), preside del liceo-fortezza Kennedy di Seattle, si rivolge al dottor Forrest (Stacy Keach) e alla Mega-Tech.

Il simpatico dottore ci piazza la genialata: i giovini delinquenti si danno alle birbonerie e all’impertinenza? C’hanno bisogno di una raddrizzata? Bene. Noi abbiamo la soluzione: sostituire gli insegnanti ormai obsoleti con tre cyborg di uso militare.


Ecco che così ci vengono presentati il Signor Bryles (Patrick Kilpatrick) a sinistra, la Signora Connors (Pam Grier) al centro e il Signor Hardin (John P.Ryan) a destra.

I tre cyborg per educare gli studenti sembrano la soluzione ideale: perfetti, impeccabili e in grado di far fronte a ogni problema. Peccato che siano stati costruiti e progettati per agire sui campi di battaglia, mettendoci pochissimo a passare dal programma “impariamo tutti insieme l’alfabeto” a “ora ti faccio a pezzi”.

Vista la situazione i tre utilizzano subito le maniere forti. Per poi passare in un attimo alla vera e propria violenza fisica fino all’omicidio.


Come abbiamo detto, i tre cyborg-insegnanti erano stati prodotti per essere impiegati in battaglia. Il dottor Forrest ha soltanto riscritto il codice da guerra originale con quello per insegnare, ma i cyborg ci hanno messo un attimo a bypassarlo tornando a quello da battaglia per cui erano stati programmati in origine.

Dopo poco scopriamo che i cyborg sono stati mandati lì per essere collaudati, e giacché la violenza è sempre la violenza, i tre si esibiscono in un massacro uccidendo chiunque capiti loro a tiro.

A essersi accorto della vera natura dei nuovi professori è stato Cody, ex capo di una delle due gang più temute dell’intero istituto, da poco uscito di prigione e che fino ad allora, ritornato a scuola, aveva tentato in tutti i modi di rigare dritto siccome l’esperienza carceraria l’aveva cambiato.


Purtroppo ormai c’è poco da fare, i tre robot hanno trasformato la scuola in un vero e proprio campo di battaglia, scatenando una guerra. Gli studenti, capeggiati da Cody si uniscono per cercare di abbattere i mostri e la battaglia finale, che si svolge sempre all’interno dell’istituto, vede i cyborg che abbandonano completamente le loro “coperture” rivelandosi per quello che sono.

Quindi, alla fine com’è Classe 1999?

A conti fatti, sì, Classe 1999 è un film decisamente pezzente nei mezzi, copiato a mani basse un po’ qui e un po’ là, pescando elementi da tutta una serie di pellicole a random. Soprattutto, evidenti e lampanti sono il “verso” fatto a Terminator e Fuga da New York, cuciti per mettere assieme una specie di strambo ibrido.

Però, com’è vero questo, è vero pure che bisogna tenere in considerazione alcuni fattori, prima di prendere e sbattere Classe 1999 nel bidone delle copie moleste.


Innanzitutto, c’è da tener presente che Classe 1999 è pur sempre un seguito. Spirituale, forse. Influenzato da molte produzioni uscite nel corso del quasi decennio che lo separa dal precedente film, d’accordo.

Ma stiamo pur sempre parlando di un seguito di quel Classe 1984, sempre dello stesso Mark Lester, uscito nel 1982. Pertanto bisogna riconoscergli il merito di esser riuscito a riprendere lo stesso tema, mettendolo sotto un’altra forma e prospettiva senza scadere in una blanda ripetitività.


Il punto è che Mark L. Lester già era stato a scuola con il precedente Classe 1984, in cui mostrava l’impotenza delle istituzioni di fronte alla violenza di un gruppo di teppisti. Dove alla fine, a causa dello stupro della moglie da parte di questi, l’insegnante di musica sbrocca e si trasforma nel giustiziere della notte facendo una strage.

Qualunque fan del genere revenge non può che amare Classe 1984. E Roger Erbert, nella sua recensione sottolinea una cosa importante: “Classe 1984 è crudo, offensivo, volgare e violento, ma contiene le scintille del talento e dello spirito. Ed è diretto da persone che hanno avuto cura di renderlo speciale”.

Inutile dire che ciò, come minimo garantiva un seguito. Arrivato quasi dieci anni dopo con il titolo di Classe 1999.


In questo secondo film la violenza è ancor più accentuata. Ci sono omicidi di ogni tipo, esplosioni, inseguimenti, gente fatta a pezzi e via dicendo.

Si potrebbe pensare che la necessità di fare qualcosa di nuovo si riduca a questo e alla presenza dei cyborg, che fanno allontanare parecchio Classe 1999 dalla realistica brutalità del primo film. In realtà, oltre a tutto ciò, è bello notare come Lester abbia ripreso lo stesso argomento da un’angolazione diversa.

Nel senso, cambia la forma ma non la sostanza: stavolta sono gli organi di controllo, le istituzioni nate per darci ordine e pace a essere prese di mira. Come queste da “buone” in un attimo possano diventare “cattive”. So che messa così suona troppo semplicistico, ma tant’è.

Anche senza tener conto del  tentativo di critica sociale e dell’essere un “seguito” sostanzialmente riuscito, non si può non apprezzare questo film. Perché, dai, l’eterna lotta studenti-insegnanti è un tema sempre divertente.


Bene, detto questo credo che sia tutto.


Stay Tuned, ma sopratutto Stay Retro.

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