DREDD 1995 – SYLVESTER STALLONE CONTRO LA LEGGE



Venticinque anni dopo Dredd – La legge sono io, da qui in poi Dredd 1995 per distinguerlo dall’altro film, quello fatto bene, se ci pensi un attimo ti accorgi che aveva tutto: soldoni, attoroni, Sylvester Stallone. Un film ad alto budget, adattamento di un famoso personaggio dei fumetti.

Con queste premesse, uno pensa, cosa mai potrà andare storto?
Beh... Diciamo che un blockbuster spintissimo e largamente pubblicizzato che fallisce è sempre una cosa imbarazzante.

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Dredd – La legge sono io (Judge Dredd) usciva il 30 giugno 1995, lo stesso giorno di Apollo 13 con Tom Hanks. Sì, quello che aveva vinto l’Oscar due volte di seguito con Philadelphia e Forrest Gump. Allora dici: va be’, che te lo dico a fare.

D'accordo: mettersi contro Tom Hanks al botteghino non è cosa. Però, quello stesso 30 giugno lì, nelle sale usciva pure Mighty Morphin Power Rangers. Cioè, un episodio di novanta minuti della serie tv spacciato per film, con tanto di effettacci da due spicci e un cast senza nome.

Ecco, se al botteghino sei stato messo sotto pure dal film dei Power Rangers, la cosa va un tantino oltre l’increscioso. Allora com’è potuta accadere 'na cosa simile? In realtà, non ci vuole la scienza per capire che Dredd 1995 era un disastro annunciato.

Tutto sommato, i motivi che hanno portato a questo disastro da quasi cento milioni di petroldollari sono piuttosto ovvi. Però se tredici anni dopo, nel 2008, andavi a chiederglielo a Stallone, lui stava ancora lì a cascare dalle nuvole domandandosi come sia stato possibile.


Non era abbastanza allegro, mancava di elementi comici, avrebbe dovuto essere molto più divertente di così, diceva Stallone in un’intervista per la rivista Uncut Magazine. Continuando, poi, con la storia del casco: il perché di tutta quella cagnara proprio non la capiva.

Proviamo a metterla in questo modo: Beverly Hills Cop. Il classico di culto con Eddie Murphy, no? Diciamo che nonostante i vari rimaneggiamenti alla sceneggiatura, fin dal principio è stato ideato, pensato, scritto per essere una commedia d’azione. 

Bene. Questo che c’entra con Dredd 1995?

C’entra che la parte di Axel Foley, il protagonista, era andata a Sylvester Stallone. Solo che Silvestro, da sempre col pallino dello scrittore, s'era impuntato nel mettersi a riscrivere la sceneggiatura. Ficcandoci dentro sparatorie, serial killer e morti ammazzati malissimo.

Visto che le sue idee non piacevano praticamente a nessuno, a due settimane dall’inizio delle riprese, ciao Silvestro, ciao. Indovina un po’ la maggior parte di quelle idee, alla fine, dove so’ andate a finire?
Esatto: Cobra.

Quindi, il problema non era tanto il fatto che Danny Cannon, il regista di Dredd 1995, s'era visto bocciare la sua idea di rifare Roboc… un dramma satirico socio-politicamente impegnato. Ritrovandosi, con un film passato da NC-17 a PG-13. 

Semmai, il problema è che lui non era “nessuno”.


Verso il 2013, più o meno, lo sceneggiatore Steven E. de Souza in un’altra intervista per Den of Geek raccontava da come fossero partiti sulla carta a come erano finiti nella pratica. La versione finale della sceneggiatura di Dredd 1995 era completamente diversa dalla versione scritta inizialmente.

Questo, a causa delle continue ingerenze di Stallone che imperterrito, modificava la sceneggiatura a più non posso allo scopo di rendere il film meno violento e più comico. Cannon, lì lì sull’orlo di una crisi di nervi, non poteva far altro che abbassare la testa e dire sì.

Metti che, forse, avremmo ottenuto qualcosa magari non migliore, ma più vicino ai fumetti almeno, se a Cannon fosse stato permesso di agire liberamente. Soprattutto, considerando il fatto che il vero problema di Dredd 1995 è un altro. 

Certo, la mancanza di una linea di condotta univoca è un fatto abbastanza grave. Tuttavia la questione non è riducibile unicamente alle lotte intestine per il controllo della direzione artistica.


Il fatto grave è che nessuno, a quanto pare, aveva capito una beata mazza del materiale su cui stava andando a mettere le mani. Ché alla fine, il punto non è più violenza o meno violenza.

Per quanto spesso e volentieri brutali, nei fumetti di Dredd il concetto si riduce a semplice elemento circostanziale. Circostanziale quanto il sarcasmo, per lo più umorismo nero, il cui scopo è quello di evidenziare la satira e la forte critica anti-autoritaria delle sue storie.

Perché Dredd nasce ed è parte integrante di un periodo di grande fermento, sia culturale sia sociale nell’Inghilterra degli anni settanta. Una sorta di “rivoluzione” confluita un po’ ovunque, che per sommi capi, potremmo riassumere con la parola punk.

In tutto questo, il giudice Dredd non è un eroe.


Le sue storie non riguardano e quasi mai abbracciano il concetto di eroismo individuale. Al contrario, Dredd non è il buono della situazione. Al massimo lo si può considerare tale perché Dredd è la legge. Una legge che non si ferma mai. Davanti a niente.

Proprio per questo, uno dei tratti più iconici e distintivi del personaggio è il casco. Che non ha mai tolto in quaranta e passa anni di storia editoriale. La legge non ha un volto. Non ci puoi discutere. Non puoi ragionarci. 

Dredd incarna e rappresenta in pieno quest’idea: lui è la legge, sì, ma chiusa e ottusa, che non ammette alcuna logica esterna. Poi ti sorprendi se ti hanno preso a fischi e pernacchie per aver buttato via quel casco dopo sei minuti netti di film? Ma non mi dire…

Il Dredd 1995 è fin troppo eroe: un personaggio positivo, bello, perfetto e giusto. Sorta di pauroso mischione di tutti i personaggi interpretati da Stallone negli anni, da Rocky a Rambo, passando da Marion Cobretti fino a John Spartan.

Sì, magari, Stallone avrà pure lisciato tutti questi aspetti, certo. Ciò non toglie che la sua idea di spingere più sul versante comico, forse satirico, non era del tutto sbagliata. Tuttavia, il punto sta nel fatto che Dredd 1995 è un concentrato di pura noia.


Metti che uno vuole pure sorvolare sul fatto che l’intera forma mentis del personaggio è stata presa e buttata nel cesso, ok? Metti pure che a sentire Danny Cannon e Steven de Souza la colpa è tutta di Stallone, d'accordo?

Però, rimane comunque il fatto che qualcuno, quelle giusto quattro e pure miserabilmente arcaiche idee, appiccicate con lo sputo a una trama fatta per intero di cliché, dovrà pur averle scritte. 

Tipo la gente che nel film, s'ammazza a pistolettate per il solo gusto di farlo, siccome non viene dato manco lo straccio di un pretesto. Megacity One, la grande metropoli del futuro, 'na pupazzata tirata su con gli scarti riciclati dai set di Blade Runner e Atto di forza. 

Giusto perché fare le corse con le motorette volanti in mezzo agli alberi come in Guerre Stellari faceva brutto. Il gemello cattivo, il complotto telefonato, la spalla comica trascinata controvoglia per mezzo film, e poi questo e poi quello.


L’intero film è un’overdose di cose e robe già all’epoca vecchie e stravecchie. Sfruttate pure malissimo, tra l'altro. Addirittura, vattelapesca a chi sia venuta in mente ‘sta cosa: per le divise dei giudici di Dredd 1995 chiamarono Gianni Versace. Così, de botto. Perché?

La cosa buffa è che i disegni concettuali forniti da Versace erano tutto tranne che impressionanti. La maggior parte dei concept non erano altro che varianti di una agghiacciante tuta in lattice simil-fetish. Forse, perché pure lui non ci aveva capito una mazza? 

Forse perché: che diavolo c’entra Versace con Dredd?

Inoltre, magari, ma proprio magari, eh, avrebbe aiutato scrivere dialoghi un po’ più lunghi di una frase per volta. Avrebbe aiutato se qualcuno, invece di litigare su “meno violenza, più violenza” e cose del genere, si fosse preso la briga di concentrarsi su almeno uno degli aspetti che hanno reso il personaggio popolare. 

Forse, ma forse, eh, Dredd 1995 non sarebbe venuto fuori così. Una variante di Blade Runner con disturbo da deficit di attenzione.


Ebbene, detto questo anche stavolta è tutto.


Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

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