DA LOGAN A JAMES HOWLETT – LE 10 STORIE MIGLIORI DI WOLVERINE

 


Mi chiamo Logan, ma molti mi conoscono come Wolverine. O Guercio. O figlio di nessuno. Dipende con chi sono e se stiamo cercando di eliminarci a vicenda. Sono il migliore in quello che faccio. Anche se quello che faccio… non è piacevole.

Ecco, Logan, Arma X, Wolverine, non è da ieri e manco ieri l’altro che fa il supereroe. Lo fa da decenni. Tutto inizia su Giant Size X-Men n. 1 uscito nel 1975, quando lo sceneggiatore Len Wein, subito sostituito da Chris Claremont, e il disegnatore Dave Cockrum rilanciarono gli X-Men.

Questo secondo nucleo degli X-Men, tutto nuovo e tutto differente, era composto da Banshee, Colosso, Nightcrawler, Sole Ardente, Tempesta, Thunderbird e infine, Wolverine. Ripescato al volo dal cassone delle idee scartate.

L’eredità di Logan: le 10 storie migliori di Wolverine

In altre parole, la storia editoriale di James “Logan” Howlett alias Wolverine dura ormai da quasi cinquant'anni. Di conseguenza, non è proprio facilissimo stringere il brodo a un mucchietto di episodi. Alla fine, queste sono solo dieci, fra le tante storie, a cui vale la pena buttarci un occhio.

Wolverine (Wolverine Vol. 1 – 1982)

Testo di Chris Claremont e disegni di Frank Miller.


Allora, si diceva che tutto parte dal 1975 con il secondo nucleo degli X-Men. Bene, il fatto è che in breve tempo Tempesta, Colosso eccetera, avevano nomi, cognomi e background ben definiti. Invece Wolverine continuava a essere solo Wolverine.

Wolverine si fa chiamare Logan e prima di unirsi agli X-Men era un agente segreto del governo canadese. Punto. Fino al 1982 questo è tutto quel che viene detto al suo riguardo. Succede però un fatto piuttosto buffo.

Cioè, quell'alone di mistero, con quell’aria da un po' pirata un po' signore, mezzo rozzo e tutto agricolo, rendono Wolverine sempre più popolare. All'epoca, Chris Claremont, spesso in collaborazione con il disegnatore John Byrne, stava sparando bombe una dietro l'atra.

Proteus, Dark Phoenix, Giorni di un futuro passato e compagnia cantante. Questo, finché Claremont decise di tirarsi appresso Frank Miller, che all’epoca stava rivoluzionando Daredevil. Insieme, fanno di Wolverine il personaggio più importante del settore.

Con una miniserie di quattro numeri, Claremont e Miller cominciano a delineare Logan come un uomo alle prese con i tentativi di nascondere una natura bestiale e animalesca. Non si capisce bene se si tratti un animale travestito da uomo o viceversa. 

Poi, dentro la storia c’è e ci buttano tutto: amore, intrighi, passione, violenza, vendetta e ninja. Un sacco di ninja. Ogni successivo episodio di Wolverine vive all’ombra di questo, e non tanto perché è la prima avventura in solitaria di Logan. 

Quanto perché si tratta di una fusione pressoché perfetta del senso del pathos e della teatralità di Claremont con quello per l’azione di Miller. Una storia serrata che definisce Wolverine come uno dei personaggi più complessi, divertenti e importanti dei fumetti.

Kitty Pryde e Wolverine (Kitty Pryde and Wolverine – 1984)

Testo di Chris Claremont, disegni di Al Milgrom.


Passano circa due anni da Wolverine di Claremont e Miller. Nel frattempo la popolarità di Logan continua a crescere, ma una serie tutta sua ancora non ce l’ha.

A un certo punto ecco che Claremont se ne esce con un’altra miniserie: Kitty Pryde e Wolverine. Come la precedente, pure questa è ambientata in Giappone. Magari la premessa è un po’ forzata, gira sul fatto che all’improvviso viene fuori che il padre di Kitty ricicla soldi per la Yakuza.

La storia non è male e risulta comunque piuttosto avvincente. Con questa run, Claremont tira giù tre paparelle con un colpo solo: esplora e caratterizza meglio Kitty Pryde. In questo modo la ragazzina passa dal ruolo di spalla comica a personaggio vero e proprio.

Inoltre Claremont mette in mostra e spinge sul rapporto padre-figlia che si crea tra lei e Logan. In più aggiunge un altro tassello al passato di Wolverine. Si scopre che dietro tutta la tiritera del padre di Kitty c’è Ogun

Un samurai (forse demone, forse mutante) ex mentore di Logan, che lo aveva addestrato ed educato al bushido.

Wolverine – Benvenuto a Madripoor (Wolverine Vol. 2 n. 1 – 1988)

Testo di Chris Claremont e disegni di John Buscema.


Breve parentesi, giusto per fugare ogni dubbio: quei Vol. 1, 2 eccetera qui sopra fanno riferimento alle testate che, nel tempo, sono state dedicate a Logan. Per capirci, Vol. 1 riguarda Wolverine, la miniserie in quattro numeri di Claremont e Miller iniziata e conclusa nel 1982, chiaro?

Bene, nel 1988 finalmente a Wolverine viene dedicata la sua personalissima serie regolare. La testata Wolverine (Vol. 2) va avanti per quindici anni, fino al 2003 quando chiude con il numero 189.

Vale la pena di provare a recuperare qualche numero, tanto questa serie è piena di archi narrativi divertenti e degni di nota. Chris Claremont, per dire, la definiva più come una serie d’avventura anziché di supereroi vera e propria.

Wolverine – Sabretooth (Wolverine Vol. 2 n. 10, 24 Hours – 1989)

Testo di Chris Claremont e disegni di John Buscema.


Una di quelle storie che vale la pena di recuperare è l’esordio (almeno in un certo senso) di Sabretooth. La trama segue un flashback in cui Logan ricorda, anni prima di assumere l’identità di Wolverine, il primo scontro con Victor Creed, prima che questo diventasse Sabretooth.

Non si tratta del classico scontro tra gente con costumi colorati, ma una lotta sanguinaria, feroce, violenta tra due nemici mortali. Una lotta che, sfortunatamente, Logan si rende conto di non poter vincere. 

Nonostante la rabbia, nonostante la sete di vendetta nei suoi confronti per aver ucciso Silverfox, la donna che amava, Creed ci mette poco e niente a sfondarlo di mazzate.

Una storia abbastanza oscura, in cui viene fuori che il buono non vince sempre, non salva la ragazza e non porta a casa la pagnotta. Tra l’altro, a grandi linee, l’episodio è stata ficcato in quella mezza fetecchia di X-Men le origini – Wolverine.

Arma X (Weapon X – 1991)

Testo e disegni di Barry Windsor-Smith.


Nelle due righe su Tutti i costumi (o quasi) di Wolverine, si diceva di quanto Arma X sia un punto fermo della storia editoriale di Logan. Dal 1975 al 1991, l’anno d’uscita di Arma X, qua e là erano stati aggiunti dei tasselli, ma in realtà si sapeva ancora molto poco di Wolverine.

Il nome, per esempio: Logan. Logan e basta. Nessuno aveva idea di quale fosse il nome per esteso o se questo fosse uno pseudonimo. Wolverine aveva ovviamente una vita prima di unirsi agli X-Men. Tuttavia, nessuno sapeva cosa facesse. 

Gli artigli, si scopre poco dopo, non sono un gadget del costume, ma effettivamente parte di lui. I super sensi iper-sviluppati sono una mutazione, ma lo scheletro di adamantio non lo è per niente e nessuno sapeva come lo avesse ottenuto.

Per avere una risposta alla maggior parte di queste domande ci sarebbero voluti altri dieci anni ancora. Oltre a stabilire come e perché Wolverine avesse avuto le ossa di adamantio, la prima preoccupazione di Barry Windsor-Smith è stata quella d’impostare un tono e creare un’atmosfera.

Un’oscura agenzia governativa catturava Logan per condurre orribili esperimenti su di lui, in modo da fondere l’adamantio presente nelle sue ossa: la situazione vira lentamente all’horror. La prospettiva di Logan si ha solo all’inizio e alla fine della storia. 

Nel mezzo, Wolverine è rappresentato come il mostro di un film slasher. Gli scienziati di Arma X trattano Logan come un giocattolo mentre i dolorosi esperimenti, lentamente, lo fanno impazzire. Alla fine, appunto come in ogni film slasher, sai che la cosa non finirà bene. 

Quando le cose sfuggono definitivamente di mano è un allucinante bagno di sangue. Arma X è ancora una storia cupa, sanguinosa e avvincente esattamente come trent’anni fa.

Wolverine: In punto di morte (Wolverine Vol. 2 n. 119, Not Dead Yet – 1997)

Testo di Warren Ellis e disegni di Leinil Francis Yu.


Roddy McLeish, soprannominato il fantasma bianco, è uno dei migliori killer al mondo. Nonché amico di Logan ai tempi in cui si trovava a fare la spia a Hong Kong. Però, sai com’è con questa gente… sì, vanno d’accordo, c’è rispetto, ma alla fine le cose finiscono sempre in cagnara.

In punto di morte è un’altra di quelle storie che vanno ad aggiungere un tassello a quel mosaico che è il passato di Wolverine. Nulla di trascendentale, d’accordo. Piuttosto semplice, certo, ma intrigante e coinvolgente. Forse, una delle migliore storie d’azione scritte da Warren Ellis.

Wolverine: Origini (Origin: The True Story of Wolverine – 2001)

Testo di Bill Jemas, Joe Quesada, Paul Jenkins; disegni di Andy Kubert.


C’è da considerare che, al di là dei vari autori avvicendatisi nel corso degli anni il cui lavoro ha contribuito a costruire il mito di Wolverine, buona parte del fascino è dato da quell’alone di mistero che circonda il personaggio. 

Metti che ci so' voluti quasi trent’anni per avere una storia delle origini, e manco la volevano fare. In realtà, Wolverine: Origini c’è stata solo a causa del primo film degli X-Men. Parliamo di circa vent’anni fa, prima che la Disney fagocitasse tutto come un Blob venuto dallo spazio. 

Il successo del film di Bryan Singer causò il panico: alla Marvel pensarono che non si sarebbe mai e poi mai dovuto lasciare le origini di Wolverine al cinema. Così, dopo quasi trent’anni, viene fuori che Logan era proprio uno pseudonimo. 

Il suo vero nome è James Howlett, nato in Canada nella prima metà dell’Ottocento. La Marvel ha scommesso parecchio su questa storia e bisogna ammettere che Jemas, Quesada e Jenkins sono riusciti a portare a casa la pagnotta. 

Un dramma familiare d’ampio respiro, fatto d’intrighi, complicazioni, amori, tradimenti e omicidi. Una storia in grado di rispondere a molte domande del passato, pur lasciando la porta aperta ai futuri autori, quindi mantenendo un certo mistero sulle vicende. 

Soprattutto grazie alla sotto trama che include la madre di James, e su come, indirettamente, questa influenzi tutto e tutti intorno a lei. Fare una cosa del genere non è stato facile. Per gli autori, s'intende.

Wolverine: La fratellanza (Wolverine Vol. 3 n. 1, The Brotherhood – 2003)

Testo di Greg Rucka e disegni di Darrick Robertson.


Lucy Braddock, diciassette anni. Scappata di casa, scappata da tutto e tutti. Una brutta storia alle spalle. Non ha idea di come si chiami il tizio che abita nell’appartamento a fianco. Lucy, nella sua testa, si limita semplicemente a chiamarlo “Lo Squallido”. Un tipo silenzioso. Solitario. Strano.

Uno che la sera prima si becca 'na valanga di coltellate e la mattina dopo sta 'na favola. Forse, Lo Squallido potrebbe aiutarla, ma non vuole scaricargli addosso i propri problemi. Poi due uomini l'ammazzano a revolverate. Lucy non c’è più, ma il suo diario sì. 

Quello in cui, nella sua fantasia, chiedeva aiuto allo Squallido e in cui è rimasto un appello rivolto a lui: “Non dimenticarmi”. Così che Lo Squallido, Logan, Wolverine, viene trascinato in un viaggio di vendetta.

Con il numero 189 si conclude la seconda serie di Wolverine e, sempre nel 2003, inizia Wolverine Vol. 3. Nel primo numero Greg Rucka apre con il tipo di storia che sa fare meglio. Questa storia di vendetta.

Wolverine: Nemico pubblico (Wolverine Vol.3 #20, Enemy of the State – 2003)

Testo di Mark Millar e disegni di John Romita Jr.


Nemico pubblico è un titolo azzeccato, ma un titolo altrettanto bello avrebbe potuto essere Wolverine fa il culo a tutti. Per farla breve, l’élite de La Mano e dell’Hydra formano una specie di società segreta chiamata The Dawn of the White Light

I loro piani di conquista del mondo, prevedono lo sfruttamento intensivo di Wolverine come sicario e ci riescono, sfruttando, come dire... un glitch nel suo fattore rigenerante: per quanto potente e per quanto lo renda virtualmente immortale, il fattore rigenerante ha bisogno del suo tempo per agire. 

Così, gli ficcano in corpo una quantità industriale di veleno. Tonnellate, proprio, di un veleno tanto potente da poter sterminare mezzo mondo. Ovviamente, con 'na botta simile, pure Wolverine ci rimane secco ed è qui che scatta l'inghippo.

Tecnicamente è morto, quindi, prima che il fattore rigenerante si attivi riportandolo in vita, gli fanno il lavaggio del cervello e così, vai: handicap match Logan vs Elektra, X-Men, Fantastici Quattro, Daredevil e tutto il resto del mondo. 

La classica storia epica e frenetica che ti aspetti da Mark Millar, insomma.

Vecchio Logan (Wolverine Vol.3 n. 66, Old Man Logan – 2009)

Testo di Mark Millar e disegni di Steve McNiven.


Old Man Logan è una storia vecchia più di dieci anni. Sicuro, qualcosa nel frattempo s’è perso per strada e non funziona esattamente come all’epoca. Eppure basta buttarci un occhio per ricordarsi quanto Mark Millar sia bravo a scrivere fumetti.

Al centro, Old Man Logan parla di un Wolverine (non tanto) vecchio e (non tanto) stanco che si imbarca in un viaggio attraverso un universo Marvel dove cinquant’anni prima è andato tutto storto. Un futuro alternativo e contorto di un’America devastata dai supercriminali.

Gente che, tempo addietro, dopo aver passato anni a pigliare schiaffi, finalmente si rendono conto di essere molti di più rispetto agli eroi e capiscono che insieme, tutti insieme, avrebbero potuto essere più forti di quelli che li hanno sempre presi a calci in culo.

Ecco, con la finezza di un elefante armato di motosega in una cristalleria, Millar se ne esce con una saga distopica dallo slancio esagerato. Una storia di violenza con una forte vena emotiva, perfetto equilibrio fra pericolosamente sciocco e sinceramente catartico. 

Old Man Logan, al netto dei suoi difetti, rimane una delle letture più soddisfacenti e assurde di Wolverine.

 

Ebbene, detto questo anche per oggi credo sia tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

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